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PRESIDENZIALI. Egitto al voto, i Fratelli musulmani cantano già vittoria

sabato 16 giugno 2012

Restano aperti fino alle 21 i seggi allestiti per il voto di ballottaggio per eleggere il nuovo presidente dell'Egitto: si sfidano l'ex premier Ahmed Shafiq e il candidato dei Fratelli Musulmani Ahmed Mursi. La proroga, decisa dall'Alta commissione per le elezioni presidenziali, è stata stabilita in seguito all'alta affluenza alle urne registrata la mattina. In realtà poi nel pomeriggio l'affluenza è andata scemando. Tra gli elettori si nota una maggioranza di donne e di anziani. "L'affluenza al voto nel ballottaggio indica un aumento rispetto al primo tuno", ha detto Hafez Abu Saeda, coordinatore generale dell'Alleanza egiziana per il monitoraggio delle elezioni.Lo staff del candidato dei Fratelli Musulmani. Morsi, già nella serata di sabato cantava vittoria, dichiarando di aver incassato il 69% dei consensi. Lo ha scritto "al Ahram online".Domenica il secondo turno del ballottaggio. L'EGITTO AL VOTO COL FIATO SOSPESO di Gilberto MastromatteoUr​ne aperte, clima teso e presagi di una nuova piazza Tahrir. Inizia oggi, in un contesto politico-istituzionale a dir poco critico – dopo l’azzeramento di fatto del Parlamento eletto da pochi mesi –, il secondo round delle elezioni presidenziali egiziane. Dalle 8 di questa mattina, i seggi sono aperti in tutto il Paese. Gli egiziani potranno esprimere la propria preferenza fino a domani sera. Quindi ci sarà il verdetto. Il nome del successore di Hosni Mubarak sulla poltrona più importante d’Egitto, sarà reso noto già nella giornata di lunedì. Fino ad allora il Paese resterà con il fiato sospeso.I sondaggi danno in vantaggio Mohammed Mursi, il candidato del partito Libertà e Giustizia, espressione della Fratellanza musulmana, sul quale pare stia convergendo, in queste ore, anche la gran parte delle forze rivoluzionarie, liberali e progressiste. Ma i sondaggi, in Egitto, sembrano fatti per essere ribaltati dai risultati ufficiali. A prevalere, dunque, contrariamente ad ogni pronostico, potrebbe essere Ahmed Shafiq, l’ultimo premier del vecchio regime, supportato dal Consiglio supremo delle forze armate (Csfa) e dall’intero apparato pubblico, oltre che dalla comunità cristiano-ortodossa e dagli egiziani che vivono e lavorano nelle maggiori località turistiche del Mar Rosso, prostrati dalla crisi economica dovuta all’instabilità politica del dopo-rivoluzione.L’elezione di Mursi salverebbe, almeno di facciata, lo spirito rivoluzionario del 25 gennaio 2011. I Fratelli musulmani, per quanto poco graditi ai movimenti progressisti di piazza Tahrir, a quella sollevazione hanno preso parte. «Dobbiamo turarci il naso e votare Mursi – il ritornello che si ascolta in queste ore per le strade del Cairo – fra quattro anni avremo la possibilità di cambiarlo, come si fa in democrazia». La chiamata al voto del popolo di piazza Tahrir è per contrastare l’altra ipotesi, quella di una vittoria da parte di Shafiq, che equivarrebbe al tassello finale della restaurazione dell’Ancien Regime. «L’Egitto vivrebbe giorni molto difficili nel caso vincesse Shafiq», il sinistro comunicato diffuso ieri dalla Fratellanza. Ma si fa strada anche il partito del boicottaggio. «La controrivoluzione è servita, per volere della giunta militare», il messaggio affidato ad un comunicato congiunto diramato ieri da sei tra i maggiori movimenti di attivisti egiziani, tra i quali la Coalizione dei Giovani della rivoluzione, il Fronte nazionale per la giustizia e la democrazia e il gruppo At-Tayyar al-Masry, fondato da una costola giovanile della Fratellanza musulmana. «Queste elezioni sono soltanto uno show per legittimare la presenza del Csfa alla guida del Paese» il parere dei movimentisti, che hanno chiesto a Mohammed Mursi di ritirarsi dalla competizione elettorale, in modo da sancirne formalmente l’illegittimità. La sensazione ormai chiara di molti è che la giunta militare si stia adoperando per portare a termine un vero e proprio «golpe bianco», incruento e attuato grazie all’unico potere statale finora sopravvissuto all’era Mubarak, quello giudiziario. Almeno due le sentenze choc con le quali gli egiziani hanno dovuto fare i conti nelle ultime due settimane. Quella che ha chiuso il primo grado del processo all’ex rais, lo scorso 2 giugno, scagionando tutti e sei gli ufficiali della Polizia ritenuti i mandanti della carneficina di piazza Tahrir. Infine quella della Corte costituzionale, che giovedì ha acceso il semaforo verde definitivo per la corsa di Ahmed Shafiq, decretando al contempo l’illegittimità di una parte del Parlamento eletto lo scorso inverno. «Non abbiamo ancora ricevuto alcuna notifica di scioglimento» ha dichiarato ieri il portavoce dell’Assemblea del popolo, Saad el-Katatny. Ma stando al parere degli esperti entrambi i rami dell’assemblea legislativa sono da rifare. Così come la commissione che appena lo scorso mercoledì era stata nominata per redigere la nuova Carta costituzionale.A preoccupare c’è la decisione del ministro della Giustizia, che ha esteso la competenze della polizia. Più semplice procedere all’arresto di civili. L’incertezza è tanta che l’agenzia internazionale di rating Fitch ha deciso di declassare l’ Egitto. Il rating del Paese è stato abbassato da BB a B+. E intanto sta facendo discutere uno spot che da qualche giorno appare alla televisione di Stato. «Non fidatevi degli occidentali che vi chiedono informazioni politiche ed economiche sull’Egitto – il senso del messaggio – potrebbero essere spie».