Oltre 63mila minori non accompagnati, la maggior parte provenienti dal Centroamerica, hanno attraversato il confine meridionale degli Usa tra il primo ottobre 2013 e il 31 luglio 2014. La legge Usa dà loro il diritto a un’audizione in tribunale, in modo che possano presentare domanda d’asilo. Ma non assegna loro avvocati d’ufficio. Molti sono stati rilasciati poche settimane dopo l’arresto e la detenzione temporanea in centri per immigrati illegali e affidati a partenti che risiedono già negli Usa. Ma negli ultimi mesi la loro situazione è divenuta precaria. Mentre i loro casi legali si fanno strada lentamente nel sistema giudiziario americano, infatti, l’amministrazione Obama ha sguinzagliato gli agenti dell’Homeland security con l’incarico di arrestare e deportare i migranti arrivati nel 2014, quasi tutti da Honduras, El Salvador e Guatemala e che non hanno ottenuto asilo. Lo scopo è di «mandare un segnale deterrente ad altri potenziali migranti», spiega il ministero, senza aggiungere che finora l’obiettivo non è stato raggiunto. Le retate si sono sovrapposte infatti a un’altra ondata di arrivi: nuclei familiari o minori soli spinti a tentare il pericoloso viaggio dalle continue uccisioni nelle loro città e dalla paura che il prossimo presidente americano costruisca un muro al confine con il Messico, chiudendo per sempre la loro unica via di fuga. Tra ottobre e febbraio sono stati arrestati 150.304 adulti, stando al Customs and Border Protection americano, oltre a 20.455 bambini non accompagnati: più del doppio rispetto allo stesso periodo un anno fa. Allo stesso tempo, di pari passo con la nuova politica delle deportazioni, la prassi al confine è cambiata. Il ministero della Sicurezza ora è restio a rilasciare i migranti dopo l’arresto, anche quelli che hanno famiglia negli States. (E.Mol.)