Israele. Fondi extra a drusi e circassi nel mirino di Hezbollah
I funerali a Maghar del sergente druso Sufian Dagash, 21 anni, ucciso a Gaza
«Mai come in momenti di crisi, è essenziale restare uniti all’interno della comunità, affinché sia forte». Sono queste le parole di Yitzhak Wasserlauf, ministro del Negev, della Galilea e della Resilienza nazionale in cui riconosce il contributo fondamentale di fratelli drusi e circassi all’interno dell’esercito.
A causa dell’emergenza bellica, questa settimana il governo israeliano ha approvato un bilancio di 12,5 milioni di shekel (circa tre milioni di euro) per rafforzare l’assistenza sociale nelle comunità druse e circasse che vivono tra Galilea e Golan: zone al confine con il Libano, in pericolo dall’inizio della guerra a causa dei continui attacchi da parte di Hezbollah. Parte dei fondi verranno utilizzati per sostenere le famiglie dei villaggi costretti ad evacuare assieme ai 90mila israeliani che hanno già lasciato da mesi il nord del Paese. Parte verranno investiti nelle principali cittadine druse per incoraggiare attività di volontariato, laboratori su come affrontare la genitorialità in momenti di stress costante e per rispondere a bisogni emotivi a seconda delle diverse fasce della popolazione: bambini, giovani, donne e anziani. Sono queste le categorie oggi più in difficoltà, a causa dell’elevato numero di uomini, all’interno di queste comunità, impegnati come riservisti nelle forze di sicurezza: circa 11mila su 150mila abitanti, che rappresentano l’1,5 per cento della popolazione israeliana. Molti si sono arruolati già il 7 ottobre, all’indomani del massacro di Hamas.
Molti drusi ricoprono anche posizioni di rilievo all’interno dell’esercito. Wasserlauf ha ricordato Alim Abdallah - ucciso dai terroristi di Hezbollah lungo il confine - e Salman Habaka, caduto combattendo Hamas, dopo aver salvato numerose vite del Kibbutz Be'eri. Erano entrambi tenenti colonnelli, un grado appena cinque livelli sotto quello di capo di stato maggiore. Anche molte donne druse sono impegnate quotidianamente nel sostenere l’esercito: circa 600 lavorano nella sartoria in sette stabilimenti situati al nord del Paese, specializzati nella produzione che va dalle uniformi ai giubbotti antiproiettili.