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La comunità. I drusi del Golan: chi sono e perché sono sempre più "israeliani"

Fiammetta Martegani, Tel Aviv martedì 30 luglio 2024

Le foto dei dodici bambini uccisi sabato da Hezbollah sulla rete del campo di calcio di Majdal Shams dove è caduto il razzo

Il popolo israeliano si è stretto intorno alla comunità drusa di Majdal Shams che (esattamente come il popolo israeliano) ha contestato i ministri di governo arrivati domenica ai funerali di Stato dei bambini uccisi da Hezbollah e, soprattutto, ha contestato Benjamin Netanyahu. Ieri il premier ha fatto visita alla cittadina nel Golan ferita, promettendo una «risposta severa». «Vattene», gli hanno urlato. «Sei il nemico di tutti noi. Solo ora ti ricordi del Golan». L’accusa è quella di non aver saputo proteggere la regione dove vive la piccola comunità drusa, che negli ultimi anni si stava progressivamente avvicinando a Israele.

​Chi sono i drusi?

I drusi sono circa un milione. L’85% è distribuito tra Siria e Libano. Il restante 15% è in Israele. Appartengono a un gruppo religioso che si separò dall’islam, e la cui fede incorpora fondamenti delle tre religioni monoteiste – cristianesimo, ebraismo, islam –, integrati dai elementi dell'induismo e della filosofia greca. Il credo viene tramandato oralmente di generazione in generazione, sono vietate le conversioni e i matrimoni misti. In Israele la popolazione drusa è stimata attorno ai 150.000 persone ( 2% del totale)   e la stragrande maggioranza vive nel nord, tra Galilea e Golan.

Che differenza c'è tra i drusi di Galilea e quelli del Golan?​

Ma stare in Galilea o nel Golan comporta status, approcci e prospettive molto diverse. Fin dalla fondazione dello Stato nel 1948, infatti, i drusi di Galilea hanno sentito una forte appartenenza israeliana. Hanno la cittadinanza, partecipano con fierezza all’esercito (mentre gli altri musulmani sono esentati), svolgendo un ruolo chiave nelle Forze di difesa israeliane, tanto che molti hanno raggiunto cariche elevate. Dal 7 ottobre, dieci soldati e ufficiali drusi sono stati uccisi in combattimento: otto nei combattimenti a Gaza e due nel nord del Paese. L’essere “compagni d’armi“ ha portato i drusi alla piena integrazione nella società israeliana, che li guarda con rispetto. Negli anni di Netanyahu, però, non sono mancati momenti di frattura. Nel 2018 la comunità fu attraversata da una forte ondata di risentimento contro la legge che conferiva a Israele lo status di “nazione ebraica”. Ci furono grandi proteste, poi rientrate. Ma la comunità non ha mai smesso di lottare per i propri diritti, e sa farsi sentire.
Più complicata la situazione dei drusi del Golan. La regione fu conquistata da Israele nel 1967 durante la Guerra dei Sei Giorni. Nel 1981 venne formalmente annessa dallo Stato ebraico. Annessione mai riconosciuta dalla comunità internazionale. Israele offrì cittadinanza a tutti i drusi che ci vivevano. La maggioranza rifiutò, sentendo ancora un forte legame con la Siria. Scelsero lo status di “residenza permanente”. Oggi sono quattro i villaggi drusi nella parte annessa da Israele delle Alture: circa 23.000 persone. E negli ultimi anni le cose sono profondamente cambiate.

Perché si stanno avvicinando a Israele?

Già con lo scoppio della guerra civile siriana, nel 2011, erano cominciate a pervenire richieste di cittadinanza. Quadruplicate tra il 2017 e il 2022, soprattutto tra le nuove generazioni. Il processo ha subìto una forte accelerazione dopo il Sabato Nero. Come ha messo in luce Allison Kaplan Sommer in un’analisi recentemnenete uscita su Haaretz, «il massacro di Hamas del 7 ottobre e soprattutto la diffusione della guerra sul fronte settentrionale hanno avuto un effetto di “israelizzazione” sulle comunità druse nel Golan». A novembre, proprio il sindaco di Majdal Shams, Dolan Abu Saleh, organizzò una pattuglia di guardie locali addestrate da Idf e parlò di «un altro passo fondamentale nel processo di cooperazione e armonia tra l’esercito e la nostra comunità nei villaggi del Golan, in considerazione della nostra necessità di essere pronti a proteggere i residenti». La Cnn ha appurato che i 12 bambini uccisi sabato non avevano cittadinanza israeliana. È circolata la foto di uno di loro, Amir Rabia Abu Salah, sorridente, orgoglioso, con una targa in mano dopo una vittoria sul campo da calcio. La scritta è in ebraico: «Campionato giovanile, divisione Nord. Israele».