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Aja. Dopo lo zar Putin la Corte penale dà la caccia a 2 comandanti russi

Nello Scavo, inviato a Odessa mercoledì 6 marzo 2024

I due ufficiali per i quali è stato spiccato mandato di arresto: Kobylash (a sinistra) e Sokolov

Dopo il comandante in capo Vladimir Putin, indagato per la deportazione dei bambini ucraini in Russia, per la prima volta dall’inizio del conflitto la Corte penale internazionale ha emesso due mandati di cattura per due ufficiali dell’Armata russa.

Sergeij Ivanovich Kobylash e Viktor Kinolayevich Sokolov, sono accusati di crimini di guerra commessi in particolare dal 10 ottobre 2022 fino almeno al 9 marzo 2023 contro obiettivi civili. Notizie che arrivano mentre Odessa resta nella morsa del conflitto e in Crimea le forze di Kiev hanno attaccato e danneggiato un’altra nave russa.

Il ruolo dei due ricercati dalla Corte internazionale è stato confermato nel corso delle indagini. Kobylash è tenente generale delle forze armate russe, all'epoca dei fatti comandante dell'aviazione a lungo raggio. Sokolov, ammiraglio della marina, era il comandante della flotta del Mar Nero. Sono ritenuti responsabili del crimine di guerra di aver diretto attacchi contro obiettivi civili e di aver causato danni accidentali eccessivi a civili o danni a obiettivi civili.

Devono anche rispondere del crimine contro l'umanità di “atti inumani”.

«Vi sono ragionevoli motivi per ritenere che essi siano individualmente responsabili dei suddetti crimini – spiegano dalla Corte – per aver commesso gli atti congiuntamente e tramite altri, di aver ordinato la commissione dei crimini, e per non aver esercitato un adeguato controllo sulle forze sotto il loro comando». I due mandati d'arresto sono stati ordinati dal Tribunale presieduto dall’italiano Rosario Salvatore Aitala.

La Camera preliminare ha ritenuto che vi siano ragionevoli motivi per ritenere che i due indagati siano responsabili di attacchi missilistici effettuati sotto il loro comando contro l'infrastruttura elettrica ucraina, almeno dal 10 ottobre 2022 fino almeno al 9 marzo 2023. Una campagna contro numerose centrali elettriche e sottostazioni, che sono stati effettuati dalle forze armate russe in diverse località dell'Ucraina allo scopo di lasciare i civili al freddo in pieno inverno e senza energia, impedendo anche le comunicazioni. Il procuratore dell’Aja e il presidente della Camera preliminare, Aitala, sono ufficialmente ricercati dalla procura di Mosca che ne ha ordinato l’arresto. Una vendetta annunciata, dopo che i due magistrati hanno firmato l’ordine di cattura per Vladimir Putin e Maria Llova- Belova, la commissaria russa ai diritti dell’infanzia, accusati di avere organizzato il trasferimento illecito di centinaia di bambini ucraini firmando leggi che ne consentono l’adozione (vietata dalle norme internazionali durante il tempo di guerra) e l’assegnazione della cittadinanza russa.

Il Cremlino ha subito fatto sapere che non riconosce i mandati di arresto della Cpi.

Le notizie dall’Aja arrivano dopo che una raffica di attacchi dal cielo ha colpito Odessa per la seconda notte consecutiva. Le ondate di droni assassini sono state lanciate dalla Crimea, dove nel corso dei raid russi alcuni droni subacquei ucraini hanno colpito una motovedetta d’attacco russa, parzialmente affondata. Ma la guerra si conduce anche schiacciando la dissidenza: 10 persone sono state arrestate sempre in Crimea, e tra loro il regista ucraino Rustem Osmanov, che era stato rapito e torturato nella regione di Kherson durante i primi mesi di occupazione. Nella notte tra lunedì e ieri la Russia ha lanciato 22 droni contro Odessa. Secondo le forze armate ucraine 18 velivoli senza pilota sono stati distrutti. Per lunghe ore è stato possibile ascoltare il volo radente dei velivoli a bassa quota. La contraerea è intervenuta nel tentativo di stabilire una barriera che impedisce l’ingresso degli “Shahed” di fabbricazione iraniana. Kiev risponde con azioni mirate sia in territorio russo che nei distretti occupati. Lo scopo è colpire obiettivi che abbiano un peso simbolico, e far riprendere coraggio ai militari, sfiancati da due anni in prima linea, e alla popolazione che se per un verso non vuole arrendersi, per l’altro si domanda se la leadership ucraina sia ancora all’altezza del conflitto. L’attacco alla nave militare russa in Crimea e al deposito di carburanti di Belgorod, in territorio russo sul confine ucraino, hanno perciò un doppio scopo: frenare Mosca e incoraggiare il fronte interno. © RIPRODUZIONE RISERVATA