Alle donne arabe la “primavera” rischia di essere sottratta. È questa la conclusione un po’ amara (ma non rassegnata) della Conferenza internazionale “Le donne nella nuova stagione del Mediterraneo”, organizzata dalla Fondazione Terzo Pilastro, che si è conclusa oggi a Valencia.
Protagoniste della cultura, della società civile, dell’economia di 13 Paesi che si affacciano sul Mare Nostrum per due giorni si sono confrontate sulla situazione femminile nei rispettivi Paesi.
Pur con tutte le differenze che esistono tra nazioni in guerra come la Libia e la Siria e in transizione come l’Egitto o il Libano, emerge una forte esigenza di parità, rispetto e uguaglianza. E se dalla presidentessa dell’associazione delle donne d’affari egiziane,
Amany Asfour, è arrivata la richiesta ai Paesi della “sponda Nord” di sostenere la piccola imprenditoria femminile in modo che il Mediterraneo non diventi un cimitero per chi fugge ma uno spazio di solidarietà per chi vuole rimanere in patria, la scrittrice e attivista marocchina
Rita El Khayat ha denunciato la situazione del suo Paese, dove nelle aree rurali il 90 per cento delle bambine continua a non andare a scuola.
Tante speranze tradite, quelle delle donne arabe, dopo il 2011; davanti c’è un percorso lungo ma forse inesorabile. Con l’aiuto della sponda Nord del Mediterraneo, come ha fatto notare
Emmanuele Emanuele, presidente della Fondazione Terzo Pilastro, che ha chiuso la due giorni di lavoro con l’annuncio della creazione di una rete di donne per lo sviluppo, sfruttando le opportunità del web, tra le altre cose, per offrire nuovi mercati alle piccole imprenditrici dei Paesi arabi. “Perché i diritti delle donne – ha concluso Emanuele – sono i diritti di tutti”.