«Cosa vuoi fare da grande, il jihadista o il kamikaze?», chiede Abdullah il Belga al ragazzo di appena sei anni. Poi ancora. «Perché uccidiamo gli infedeli?». La risposta: perché loro uccidono i musulmani. «Gli infedeli d’Europa, ma anche gli altri». La scena appare in «Grooming Children for Jihad» (Istruire i bambini al jihad). Si tratta della seconda puntata (sulle cinque previste) dell’unico documentario finora giunto dall’interno dello Stato islamico, dalla città siriana di Raqqa per la precisione. Il reporter è stato, infatti, accompagnato da Abu Musa, un “addetto stampa” dell’Isis. Un lavoro di alta qualità, ma anche di sconcertante realtà, quella di centinaia di migliaia di ragazzi a rischio indottrinamento integralista all’interno del Califfato.
Alla moschea al-Firdaws di Raqqa, tra la gente affluita per giurare fedeltà al “califfo” Baghdadi, c’è anche un ragazzo di undici anni. «Siamo sicuri – afferma un militante del-l’Isis – che l’attuale generazione è quella che lotterà contro gli apostati e gli infedeli, ossia gli americani e i loro alleati». «In questi bambini – aggiunge – viene inculcata la vera dottrina. Tutti vorrebbero combattere per costruire lo Stato islamico». La telecamera si sposta sui ragazzi che si tuffano nelle acque dell’Eufrate. «Con chi vuoi combattere? », chiede il militante a un bambino di nove anni. Con lo Stato islamico, è la risposta scontata del ragazzo che confida che andrà presto in un campo di addestramento in cui imparare a usare il Kalashnikov. Il responsabile dell’informazione si affretta a “correggere” l’informazione. «I minori di quindici, dice, li mandiamo in un campo di sharia per approfondire le tematiche dottrinali e religiose. Quelli sopra i sedici anni potranno invece andare in un campo militare e partecipare alle operazioni belliche». Poi cita l’esempio di Usama bin Zayd che, a 17 anni, che si è visto affidare da Maometto un esercito per combattere i Bizantini. Anche Daud, 14 anni, vorrebbe combattere con i militanti dell’Isis «perché seguono i precetti islamici e non hanno mai commesso errori». «Sono in molti a unirsi a noi, in particolare giovani», assicura un predicatore dell’Isis a Raqqa, intento a girare con la sua camionetta tappezzata di consigli religiosi. Al raduno serale organizzato nella città per celebrare l’instaurazione del Califfato, si scorgono molti ragazzi mentre sbandierano gli stendardi neri del gruppo. Altri imbracciano il fucile. Un jihadista che ha lasciato l’Europa dopo 25 anni di soggiorno critica la folla. «Gli adulti ci guardano impauriti perché ignorano che siamo i migliori esseri umani sulla terra. Ma i bambini ci mandano baci da lontano».