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Elezioni. La Russia al voto, con i dissidenti in cella e liste escluse

Raffaella Chiodo Karpinsky domenica 1 settembre 2024

Vladimir Putin

L’8 settembre in Russia si terranno elezioni a vari livelli. In un clima che vede il Paese avviarsi stancamente alla ripresa delle attività con la riapertura della scuola. Si percepisce un senso di stanchezza. Eppure, mentre continuano gli attacchi in Ucraina e prosegue l’evacuazione dei civili per l’entrata delle truppe ucraine nell’area di Kursk, il regime chiama i cittadini a votare a livello municipale e regionale.

In molti si chiedono che senso abbia partecipare a questa «consultazione» la cui trasparenza e libertà è a dir poco messa in dubbio. Yabloko, il partito fondato da Grigorij Javlinskij insiste, cerca di portare avanti la sua strategia: usare ogni possibile interstizio che il quadro consenta e portare avanti l’opposizione democratica in uno scenario che democratico non è. Una linea che fa i conti con la repressione delle libertà di espressione e informazione che dall’inizio della guerra ha subito un’ulteriore impennata. Basti pensare ad Anna Politkovskaja uccisa nel 2006 e ancora prima a Jurij Schekochikhin morto nel 2003 ed altri colleghi della Novaya Gazeta.

Non solo uomini dell’oligarchia che avevano mostrato segni di dissociazione dal potere ma anche politici. Chiunque abbia tentato con un seguito di un certo rilievo di rappresentare un’alternativa al potere putiniano ha trovato repressione e spesso la morte. Prima e dopo il 24 febbraio 2022.

Alexeij Navalny ha perso la vita in carcere nel 2024 e Boris Nemzov nel 2015, sul ponte davanti al Cremlino alla vigilia della marcia di protesta dell'opposizione. Pochi mesi prima c’era stata l’annessione della Crimea. Nikolaij Rybakov, presidente del partito Yabloko, intervenendo in diverse trasmissioni di canali indipendenti ancora attivi su YouTube dice: «Ci presentiamo alle elezioni regionali e municipali con lo slogan “Per la pace e la libertà! Per un accordo per il cessate il fuoco!”».

Questa è la linea che il partito porta avanti in un’atmosfera più cupa per chi resta nel Paese e si oppone al regime. Dopo lo storico scambio di prigionieri per il rilascio di esponenti dell’opposizione come Vladimir Kara Murza e Ilya Yashin, i candidati di Yabloko continuano a ribadire che i prigionieri politici ancora dietro le sbarre sono più di mille. Oltre a questi, di molti altri non si sa nulla. Difficile avere un quadro preciso in un paese così grande, dove le persone che hanno osato esprimere il proprio no alla guerra lontane dal radar anche dei media indipendenti sono finite in una cella dimenticati dal mondo.

Il caso di solitudine e abbandono del giovane pianista Kushnir, “colpevole” di aver detto no alla guerra sul suo canale YouTube e morto a seguito dello sciopero della fame ne è la prova. Nessuno sapeva di lui se non un paio di persone. A differenza di altri prigionieri politici, Pavel non aveva ricevuto nemmeno una lettera e la sua opposizione alla logica della guerra è rimasta isolata in cella insieme a lui fino alla fine. Una vicenda che ha turbato molte coscienze e spinto anche Rybakov a ricordarne la storia nel corso di questa campagna elettorale surreale per l’esclusione uno dopo l’altro dei candidati presentati nelle varie regioni e municipi. Soltanto 73 su 300 candidati da Yabloko sono stati ammessi.

L’esclusione è avvenuta su basi solo politiche che nulla hanno a che fare con reali irregolarità nella presentazione delle candidature. Finire nella lista degli “agenti stranieri”, o essere oggetto di accuse infondate, è la norma, o vedere respinta la documentazione a sostegno di una candidatura. Mentre dall’altra parte vengono candidati reduci dal fronte ucraino presentati al pari dei veterani che sconfissero il nazismo. Quella di Yabloko è una linea che si rivolge alle persone come Pavel che sono tante, dice Rybakov: « Decine di milioni, e condividono il desiderio di pace, di cessate il fuoco e di negoziati per uscire da una guerra fratricida».