Intervista. De Mistura: «Aleppo non è persa»
Consumato diplomatico, abituato a tessere la “tela di Penelope” anche quando i nodi sembrano inestricabili, Staffan de Mistura ha raccolto la difficile eredità di Kofi Annan e Lakhdar Brahimi – entrambi dimissionari – come inviato speciale dell’Onu in Siria. Dopo l’Iraq e i marò (per questi ultimi inviato del governo italiano) un’altra “missione impossibile” per il diplomatico italo-svedese: in carica in Siria dal luglio scorso, il suo tentativo di riavviare un processo di pace, dopo il fallimento della conferenza di Ginevra 2, è coinciso con la comparsa e l’impetuosa affermazione dello Stato islamico in Iraq e Siria.
Staffan de Mistura, l’appello lanciato nel giugno scorso da Andrea Riccardi «Salvare Aleppo» e dalla Comunità di Sant’Egidio si è esteso divenendo anche una campagna di Avvenire su «Aleppo deve vivere»». Una mobilitazione mentre lei, in febbraio, aveva proposto una «freeze zone», una tregua locale per la città. E si continua a fuggire dalla città. Ma Aleppo può vivere?È una situazione veramente grave: poche ore fa ad Aleppo, nel quartiere al-Shaar non controllato dal governo, ci sono state più di 80 vittime per la caduta di queste orribili bombe-barile lanciate da due elicotteri del governo che hanno distrutto la zona di un mercato. Ottanta le vittime, tutte civili. Questo nonostante il governo si sia impegnato ad accettare la sospensione dell’uso di queste bombe-barile che oggi sono la causa di gran parte delle morti di civili in Siria. Ora noi dobbiamo continuare questa campagna: è una città simbolo, questa campagna è il segnale che come Aleppo altre città debbono essere risparmiate. Si deve risparmiare la popolazione civile dai bombardamenti indiscriminati: per la maggior parte, francamente, del governo, e anche da parte dell’opposizione quando usa razzi e altri ordigni che, in paragone alle bombe-barile, hanno meno capacità distruttiva.Come mettere in salvo Aleppo, con tutto il suo patrimonio storico e culturale?Si deve e si può salvare Aleppo. É per questo che la campagna lanciata e sostenuta anche da importanti appelli dell’Onu, è molto importante. Una campagna questa su Aleppo per cui ringrazio personalmente Avvenire. Aleppo è importante perché è un simbolo, per non dimenticare città come Daraa e altre in Siria che subiscono bombardamenti simili. L’inviato Onu il Libia, Bernardino Léon, ha detto che se non si trova un’intesa in 3 o 4 settimane, tutta la Libia sarà in mano ai jihadisti. In Siria, presa Palmira, l’Is sembra poter puntare su Damasco. Estenuanti trattative, mentre sul terreno si afferma il Califfato islamico?Quanto avviene in Siria è il risultato del fatto che Daesh (acronimo in arabo di Stato islamico, <+CORSIVOA>ndr<+TONDOA>) approfitta del conflitto in corso che ha causato, nel Paese, un vuoto di potere e uno spazio di manovra. È anche vero che Daesh è avanzato in molte zone proprio perché il governo non ha fatto abbastanza per fermarlo, perché si è occupato più di città come Aleppo e non tanto delle zone dove era presente il sedicente Califfato. Vi porto un esempio: paragoniamo i bombardamenti fatti dal governo su Aleppo con quelli fatti su Raqqa, la «capitale» del Califfato. Sono minimi su Raqqa e moltissimi su Aleppo. Quindi Daesh avanza sia perché c’è una guerra civile in corso, sia perché il governo non ha fatto abbastanza, pur avendo i mezzi, per fermarlo. Il governo aveva i mezzi e non lo ha fatto: si è occupato dell’opposizione moderata piuttosto che di Daesh. Infine il fronte jihadista approfitta della debolezza di una Stato, la Siria, un po’ come ebola della fragilità di un organismo. Di conseguenza la soluzione migliore per battere l’Is è di trovare una formula politica.Una soluzione politica, appunto. Dopo il fallimento di Ginevra 2 che possibilità ha una trattativa, considerando pure il fallimento di Kofi Annan e Lakhdar Brahimi? Forse, la novità è il nuovo possibile ruolo regionale dell’Iran?La vera novità è che al tempo di Annan e Brahimi il Califfato non c’era. Non era nemmeno concepito tanto è vero che alla conferenza di Ginevra 2 non si parlo nemmeno di Daesh. Oggi, invece, è attuale, minacciante, presente, avanzante: questo è un elemento nuovo che dovrebbe aiutare tutti i Paesi limitrofi, che dovrebbe aiutare sia l’Iran, che l’Arabia Saudita, che la Turchia che noi stessi e persino la Russia, visto che tra le file dei combattenti vi sono molti ceceni, a trovare una formula politica. E la formula c’è: è il comunicato di Ginevra scritto al termine di Ginevra 1. È tutto pronto, va solo messo in azione. In quel caso ci si potrebbe poi concentrare tutti assieme per fermare lo Stato islamico.