Stati Uniti. Scontro alla Casa Bianca sui dazi per acciaio e alluminio
Donald Trump non intende sentire ragioni sull'imposizione di dazi all'importazione di acciaio e alluminio (Ansa)
Alla fine - nel mezzo di una giornata ancora più caotica del solito alla Casa Bianca - Donald Trump decide di andare avanti, costi quel costi. E annuncia che la stretta sulle importazioni di acciaio ed alluminio ci sarà, come promesso in campagna elettorale. E pazienza se tra i suoi più stretti collaboratori non tutti sono d'accordo. A partire dal consigliere economico Gary Cohn, una delle figure di più alto profilo del suo staff, contrario alle misure generalizzate auspicate dal presidente. Misure che rischiano di innescare una vera e propria guerra commerciale a livello mondiale.
Ecco allora che quello di Trump è per ora solo "un annuncio informale", senza quell'ufficialità che il tycoon avrebbe desiderato subito. Tanto che alla Casa Bianca erano stati convocati i vertici delle principali industrie Usa dell'acciaio e dell'alluminio, per una sorta di cerimonia in grande stile. La decisione finale invece è slittata: "La prossima settimana", ha assicurato Trump, che ha confermato come la sua intenzione è di imporre dazi del 25% sull'acciaio e del 10% sull'alluminio.
Ma ancora non vi è alcuna certezza. E nessun altro dettaglio è stato reso pubblico dal presidente. Molti i nodi che restano aperti e che - stando a quanto riportano i media - in queste ore hanno scatenato una vera e propria lite all'interno della West Wing. Come se in questa fase non bastassero le tensioni e la confusione alimentati dalle dimissioni di Hope Hicks, direttrice della comunicazione della Casa Bianca e fedelissima di Trump, dal caso Sessions, il ministro della Giustizia oramai in rotta di collisione col presidente, e dall'affaire Kushner, il genero del tycoon sempre più isolato.
Lo scontro sui dazi rischia però di aprire un nuovo fronte per Trump: quello con l'ex di Goldman Sachs Gary Cohn che - architetto della riforma fiscale - ora guida l'ala "globalista" della Casa Bianca, contrario a dazi da imporre a tutti i Paesi, dall'Europa alla Cina. Dazi - è il ragionamento appoggiato anche dal capo del Pentagono James Mattis - che rischiano non solo di inasprire i rapporti con Pechino o Mosca, ma di compromettere anche i legami con Paesi alleati, con gravi ripercussioni economiche e sul piano della sicurezza. Le azioni di ritorsione verso gli Usa sono dietro l'angolo. Non a caso, dopo le parole di Trump, Wall Street ha reagito con un improvviso crollo che ha portato il Dow Jones a perdere fino a 500 punti. Non sembrano preoccuparsi però i "falchi" che appoggiano la linea ultra-protezionista del presidente, a partire dal segretario al commercio Wilbur Ross.
Ma anche due altre figure finora rimaste defilate ma sempre più in ascesa nella cerchia dei consiglieri del tycoon: Robert Lighthizer, il capo negoziatore degli Usa nelle trattative commerciali, e Peter Navarro, direttore del consiglio per il commercio nazionale della Casa Bianca. Tutti convinti fautori del nazionalismo economico che si incarna nel mantra dell'America First. Un tipo di dottrina che un personaggio dal background come quello di Cohn, ex banchiere ed investitore di Wall Street, fa fatica ad accettare. E - comincia a domandarsi qualcuno - chissà fino a quando resisterà.
Immediata la reazione Europea. Il presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker promette una "ferma" risposta europea ai dazi pianificati dal presidente Usa Donald Trump. "Noi siamo rammaricati da questa mossa, un intervento sfacciato a difesa dell'industria americana - ha affermato - L'Europa non resterà immobile mentre la nostra industria viene colpita da queste ingiuste misure che mettono a rischio migliaia di posti di lavoro europei. Reagiremo con fermezza e con misura per difendere i nostri interessi".