Centro America. Il "voto-farsa" del Nicaragua rielegge il presidente Ortega
Ortega ancora presidente con un voto farsa
Daniel Ortega resta presidente del Nicaragua. Così recitava il copione confezionato dallo stesso ex comandante, insieme alla moglie Rosario Murillo, e così è stato, senza variazioni o colpi di scena imprevisti. I sette aspiranti avversari sono stati incarcerati e sostituiti con figuranti politici o "zancudos". I media indipendenti chiusi o silenziati. Gli osservatori internazionali banditi. I tre principali partiti sfidanti sono stati messi fuori legge. Per tutta la domenica elettorale, il piccolo Paese tra i due Oceani, a partire dalla capitale Managua, è stato presidiato dalla polizia e da un esercito di paramilitari, le cosiddette "turbas". I risultati ufficiali benché ancora provvissori, diffusi ieri, hanno confermato la vittoria di Ortega per il quarto mandato consecutivo – il quinto in totale –, con il 75 per cento dei consensi e un’affluenza intorno al 65. Poco importa che tutti i sondaggi indipendenti abbiano rilevato la popolarità dell’attuale e prossimo presidente intorno al 19 per cento.
E che i seggi siano rimasti deserti a causa del boicottaggio dell’opposizione, sostenuta dai differenti gruppi sociali, dagli studenti ai contadini. Secondo Urnas Abiertas, l’astensione ha superato l’80 per cento. Tutti dentro e fuori la nazione sanno che il voto di domenica – privo degli standard minimi per definirsi tale, secondo il Centro Cartes – è stato una rappresentazione. Con le tv ufficiali governative, fin dall’alba, impegnate a descrivere un’immaginaria "festa civica" grazie alle inquadrature tenute ossessivamente strette sui pochi partecipanti. Non è mancato qualche momento di imbarazzo quando i giornalisti si sono trovati senza nessuno da intervistare.
Una commedia tragica, l’ha definita la stampa nicaraguense in esilio. «Una pantomima», ha commentato il presidente Usa Joe Biden che ha annunciato una forte offensiva diplomatica in concerto con altri esponenti della comunità internazionale. L’Ue è al suo fianco: l’alto rappresentante Josep Borrell ha parlato di «sistema di terrore» e minacciato un inasprimento delle sanzioni economiche. Ortega ha risposto alle accuse presentandosi come l’unica alternativa al caos. Retorica a parte, però, il presidente sa che il voto senza rivali è stato uno spartiacque nelle relazioni con il mondo. E che il futuro imminente si profila duro.
Washington sta per firmare una misura che consente di bloccare i prestiti da parte delle istituzioni finanziarie e di sospendere il Trattato di libero scambio. Una catastrofe per la già fragile economia nicaraguense, il secondo Paese più povero d’America dopo Haiti, dipendente dall’interscambio con gli Usa. L’unica speranza del presidente, oltre gli spiantati alleati Venezuela e Cuba, è la Russia che ha prontamente riconosciuto il voto. Resta da capire quanto il sostegno politico si tradurrà in cooperazione reale.
CHI E' / Da guerrigliero ad autocrate
Ex eroe della rivoluzione sandinista, che nel 1979 cacciò il dittatore Anastasio Somoza, Daniel Ortega si è da tempo trasformato in un autocrate. La sua è una “carriera” lunghissima: ha guidato il Paese dal 10 gennaio 1985 al 25 aprile 1990, durante la rivoluzione sandinista, per poi ritornare in carica il 10 gennaio 2007. Nel 2018 la repressione ordinata dopo le manifestazioni di massa contro il governo ha causato 300 morti e centinaia di arresti.