L’ondata di proteste, che ha scosso l’intero Venezuela e costretto, dopo settimane di repressione, il presidente Nocolas Maduro al dialogo scoppiò all’inizio di febbraio negli stati orientali di Tachira e Merida. La classica scintilla, nella polveriera venezuelana, fu il tentativo di rapimento di una ragazza: un episodio che portò in piazza gli studenti della regione orientale per domandare al governo più sicurezza, ma anche per protestare contro l’inflazione, schizzata alla cifra record del 56%, e anche contro la scarsità di cibo. Una protesta divenuta in pochi giorni nazionale e capace, già il 12 febbraio, di riempire le strade di Caracas subito macchiate di sangue: un uomo armato sparò sulla folla che avanzava pacifica provocando tre morti. Queste le prime vittime di un bilancio divenuto, di settimana in settimana, pesantissimo: con il decesso ieri di un ufficiale della guardia nazionale ferito a Barquisimeto e di una donna travolta da una macchina a Valencia le vittime, secondo la procura generale, sono 41 e 579 i feriti. La più grande ondata di proteste del decennio dai campus universitari ha subito trovato il consenso del ceto medio e coagulato un composito cartello di partiti di opposizione denominato Mesa de unidad (tavola di unità). I loro leader Leopoldo Lopez, politico decisamente anticonformista con un passato da sindaco, e la parlamentare Maria Corina Machado. I primi morti di piazza e i primi arresti hanno fatto emergere un’ala più moderata dell’opposizione che punta a incanalare il disagio della classe media. Un risentimento popolare che si è coagulato dietro ad alcune facili quanto condivisibili parole d’ordine: oltre a una maggiore sicurezza l’opposizione a Maduro chiede il rilascio delle centinaia di arrestati e un radicale cambiamento della politica economica che abbassi l’inflazione e riduca la scarsità dei generi di prima necessità. Il governo, almeno fino all’apertura dei negoziati maturata dopo i furiosi scontri ancora domenica scorsa, ha replicato accusando l’opposizione di essere manovrata dal gigante statunitense. Un dialogo tra sordi rinfacciandosi la responsabilità delle violenze di piazza: opera di gang di motociclisti spalleggiate dalle forze di sicurezza assicura la Mesa de unidad, provocazioni «fasciste » per il governo. Poi la svolta negoziale: una amnistia e il rispetto delle autorità locali le precondizioni poste dall’opposizione. Una trattativa che non sarà né breve né facile, mente il leader dell’opposizione parlamentare Henrique Capriles, accarezza i sogni di cambiamento della classe media.