Il rapporto 2023. Cristiani che rischiano per la loro fede, nel mondo sono 360 milioni
Il crocifisso della Cattedrale di Managua, in Nicaragua, calcinato dal fuoco in seguito a un attentato nel luglio del 2020
Nostra Signora dell’Assunzione è un cumulo di macerie carbonizzate. La chiesetta di Chan Thar, costruita dai missionari cattolici nel 1894, è stata rasa al suolo dalle forze armate al potere da quasi due anni in Myanmar che “puniscono” la Chiesa per la sua difesa dei diritti umani e civili nel Paese. È solo l’ultimo, tragico esempio di una persecuzione che dilaga, a macchia di leopardo, nel pianeta, nei confronti dei cristiani. Modalità, dinamiche e obiettivi variano da contesto a contesto. Per questo, spesso, il quadro complessivo sfugge agli osservatori.
Il minimo comune denominatore è, però, l’accanimento nei confronti di chi cerca di seguire il Vangelo. A tracciare una mappa complessiva del fenomeno è l’ultimo rapporto di Porte aperte/Open doors, organizzazione che, da tre decenni, monitora la situazione dei battezzati nel mondo.
L’anno appena trascorso è stato il peggiore per i fedeli. Il numero assoluto di quanti soffrono gravi forme di discriminazione e abusi non è cambiato: 360 milioni ovvero un cristiano su sette. A crescere, però, è il punteggio degli indicatori nei cinquanta Paesi a rischio. Al primo posto nella World watch list 2023, c’è, di nuovo, la Corea del Nord, a causa della “legge contro il pensiero reazionario” che ha portato a un aumento degli arresti e delle chiusure di chiese. Pyongyang, nel precedente studio, era stata sostituita dall’Afghanistan.
Quest’ultima nazione è scesa al nono posto. Non si tratta, però, di una notizia positiva. Il calo è dovuto al fatto che gran parte dei cristiani presenti è fuggita. Tra loro Nasiry, protagonista di “Figlio di una serva”, libro di Cristian Nani, pubblicato da Porte Aperte. Il profugo è stato intervistato dall’autore in un luogo segreto per ovvie ragioni di sicurezza. La conversione dall’islam a un altro credo è punita con la morte.
La piccola comunità cristiana d’Afghanistan, dunque, vive clandestina. Una Chiesa primitiva, con liturgie scarne e costretta a esprimere la fede nell’ombra. La minaccia e la violenza dei taleban non sono riuscite comunque a impedire alla minoranza di crescere.
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A preoccupare Open doors/Porte aperte è, però, soprattutto l’Africa sub-sahariana dove l’oppressione ha raggiunto un’intensità senza precedenti.
Lo abbiamo visto nei giorni scorsi: domenica, nel giro di ventiquattro ore un sacerdote è stato arso vivo in Nord Kivu, nell’Est del Congo, e una bomba ha massacrato 14 persone in una chiesa pentecostale in Nigeria. Papa Francesco ha voluto esprimere il proprio dolore per le vittime innocenti e ha espresso «compassione e vicinanza a tutte le famiglie fortemente colpite da questo dramma», si legge nel telegramma inviato.
Il Pontefice, che fra due settimane si recherà proprio in Congo e in Sud Sudan, ha implorato per il «dono della pace» per l’Africa dilaniata da conflitti dimenticati.
I cristiani sono colpiti due volte dalla guerra mondiale a pezzetti in corso, per parafrasare Francesco. Come il resto della popolazione, subiscono le conseguenze dell’instabilità politica e del continuo innalzamento della diseguaglianza. La loro azione a protezione dei più fragili a motivo del Vangelo, a loro volta, li porta ad essere discriminati o uccisi dai potenti di turno. In termini assoluti, le uccisioni di cristiani sono in lieve calo: 5.621 vittime rispetto alle 5.898 del 2022.
Diminuisce anche di oltre la metà la cifra delle chiese attaccate o chiuse: poco più di duemila, l’anno prima erano state oltre cinquemila. Cruciale, in questo senso, la riduzione in Cina: mille casi contro i precedenti 3mila. In drastico aumento, invece, i rapimenti dei fedeli, passati da 3.829 a 5.259. Di questi, quasi cinquemila si concentrano in tre nazioni: Nigeria, Mozambico e Congo. Sono decine di migliaia poi i cristiani aggrediti, quasi 30mila casi.
Solo in India, dove il governo del radicale indù Narendra Modi ha compresso i diritti degli esponenti delle altre fedi, in 1.750 sono stati arrestati senza processo. Alla vessazione aperta si somma una pressione strisciante, fatta di abusi quotidiani sul lavoro, a scuola, nei servizi. Episodi difficili da quantificare ma che hanno un forte impatto sulle comunità. Sono sempre di più i fedeli che, non reggendo la pressione, decidono di fuggire, trasformandosi in sfollati interni o profughi. Fenomeno particolarmente evidente in Medio Oriente ma anche nel Sahel a causa della violenza jihadista, in Iran e Myanmar.
Lo sfollamento è una strategia deliberata di persecuzione volta a cancellare la presenza cristiana in molti Paesi. Ancor più crudele la persecuzione nei confronti delle cristiane. Migliaia sono obbligate a matrimoni forzati o subiscono violenze sessuali. Il rapporto riesce a registrare appena una manciata di casi di quelli realmente esistenti: oltre 2mila stupri e 717 nozze obbligate. Troppo spesso, però, per ragioni culturali e sociali, questo tipo di abusi non viene denunciato. Per questo, Open doors/Porte aperte ha deciso di potenziare la ricerca sulla violenza di genere.