Covid. La sfida di India e Sudafrica: il mondo non brevetti subito i vaccini
Sono 180 i vaccini anti-Covid in fase di sperimentazione
La proposta è senza precedenti. Come senza precedenti è la congiuntura attuale. Parola dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms). Il Covid rappresenta «un danno senza precedenti per l’economia globale e il commercio mondiale, in seguito alle restrizioni alla produzione e al consumo», ha scritto l’Agenzia Onu per la salute nel dichiarare ufficialmente la pandemia, l’11 marzo. Da questa premessa, scaturisce la proposta di India e Sudafrica che, in vista della riunione del Consiglio a Ginevra, hanno chiesto all’Organizzazione mondiale del commercio (Wto) di “sospendere” le regole sulla proprietà intellettuale fino a quando il Covid non sarà sconfitto. Ovvero quando non sarà raggiunta un’immunità globale di gregge. Nel frattempo, a tutti i Paesi, non solo quelli in via di sviluppo – in base all’istanza presentata – dovrebbe essere data la facoltà di non concedere o depositare brevetti su farmaci, test, dispositivi di protezione e vaccini. In pratica, con una lettera congiunta firmata il 2 ottobre, New Delhi e Pretoria propongono di “rendere flessibile” il cosiddetto “accordo Trips” del 1994 con cui gli Stati hanno armonizzato le rispettive regole sulla proprietà intellettuale. Una possibilità contenuta, in realtà, nello stesso trattato di Marrakesh, con cui è stata istituita la Wto, che prevede «eccezioni» in casi di particolare gravità. Decise, di volta in volta, dalla Conferenza ministeriale, a cui il Consiglio la sottoporrà. La prossima riunione sarà a giugno ma, data l’urgenza della tematica, potrebbe essere anticipata. In ogni caso, per passare, la bozza indo-sudafricana dovrà raggiungere almeno un consenso di tre quarti dei Paesi membri.
Una soglia elevata. Eppure, quasi vent’anni fa, a Doha, il fronte Sud del pianeta – allora guidato dai soliti India e Sudafrica e dal Brasile – riuscì a far passare la storica dichiarazione che consentì l’arrivo degli antiretrovirali generici nei Paesi poveri. A partire dall’Africa, flagellata dall’Aids. L’escamotage principale fu il cosiddetto «utilizzo governativo di licenze obbligatorie»: la produzione locale di farmaci senza l’autorizzazione del detentore del brevetto previo il pagamento di una royalty.
«Quella volta, però, si persero dieci anni preziosi prima che le terapie per l’Hiv-Aids raggiungessero il Continente. E tante, troppe vite. All’inizio degli anni Duemila, il costo annuo per paziente era di diecimila dollari. Una cifra insostenibile per tante nazioni. I generici l’hanno abbattuto a 150. Non possiamo ripetere lo stesso errore», afferma Silvia Mancini, esperta di salute pubblica di Medici senza frontiere (Msf), organizzazione in prima linea per l’accesso universale ai medicinali. Questione scottante da sempre. Ora il Covid – cartina di tornasole degli attuali nodi irrisolti – l’ha catapultata sulla ribalta globale. «Con la tempesta, è caduto il trucco di quegli stereotipi con cui mascheravamo i nostri “ego” sempre preoccupati della propria immagine; ed è rimasta scoperta, ancora una volta, quella (benedetta) appartenenza comune alla quale non possiamo sottrarci: l’appartenenza come fratelli», sono state le vibranti parole di papa Francesco nella piazza San Pietro deserta e flagellata dalla pioggia, il 27 marzo. Proprio quella del Pontefice è la voce che non si stanca di chiedere assistenza in primis per quanti ne hanno maggiore necessità. «Sarebbe triste se nel vaccino per il Covid-19 si desse la priorità ai più ricchi! Sarebbe triste se questo vaccino diventasse proprietà di questa o quella Nazione e non sia universale e per tutti», ha detto Francesco nell’Udienza generale del 19 agosto 2020.
Cure e prevenzione universale è, certo, una questione di equità. «Oltretutto il settore pubblico ha supportato abbondantemente la ricerca privata e si è assunto i rischi più elevati per finanziare lo sviluppo del vaccino», afferma Mancini. Ma il «dovere di cooperazione medica fra Paesi», a cui ha fatto appello un editoriale della prestigiosa rivista scientifica Nature è anche una garanzia di sicurezza. La corsa al vaccino va avanti frenetica: sono 180 i progetti in sperimentazione, incluso lo “Sputnik V” russo che Mosca avrebbe voluto già registrare. Focolai sparsi per il pianeta, però, rappresentano una minaccia per la salute del resto del mondo.
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