Coronavirus. L'Africa senza terapia intensiva. Amref: «Ci prepariamo al peggio»
Operatori sanitari di comunità formati tramite la piattaforma Leap
L’Africa è il prossimo punto interrogativo sull’evoluzione della traiettoria della pandemia del coronavirus. Se finora il continente è stato relativamente risparmiato dal grosso dei contagi, non è detto che il Covid-19 non possa diffondersi sempre più anche qui, in territori già di per sé fragili e andando a minare sistemi sanitari certo non preparati a emergenze così gravi. “Il miglior consiglio da dare all’Africa è quello di prepararsi al peggio e prepararsi sin da oggi,” ha sottolineato nei giorni scorsi il direttore generale dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), Tedros Adhanom Ghebreyesus, esortando la sospensione dei raduni pubblici nei Paesi. “Noi ci stiamo preparando a quel peggio cui fa riferimento l'Oms – spiega Guglielmo Micucci, direttore di Amref Health Africa in Italia -. Stiamo lavorando nelle task force dei ministeri lì dove operiamo. Stiamo sensibilizzando le comunità sulle specificità del Covid-19 e sulle misure da prendere. Puntando sul distanziamento, sull'igiene e usando la tecnologia, per quella che possiamo chiamare eHealth, con la piattaforma Leap.
L'ASSENZA DI TERAPIA INTENSIVA
Finora sono oltre 2.300 i contagi di Covid-19 confermati in Africa, molti di più, probabilmente, quelli non ufficiali. Tra i Paesi più colpiti Sudafrica, Egitto, Algeria, Marocco, Burkina Faso, Senegal. Molti i governi del continente che hanno istituito dei blocchi alla circolazione delle persone, con l’obbligo di restare a casa, obbligo che però, soprattutto nelle comunità rurali, difficilmente può essere rispettato appieno. “Le infezioni respiratorie, quelle che colpiscono le vie aree e i polmoni, sono la causa principale di morte nel continente africano – aggiunge Micucci -. Le malattie più comuni dovute a queste infezioni sono la bronchite e la polmonite, malattie che condividono i sintomi con Covid-19, quindi non è facile distinguere i casi normali di decessi per polmonite dai casi di decessi legati a Covid-19. Il monitoraggio, la sorveglianza e la diagnosi, in questo modo, diventano ancora più difficili”. Inoltre, sottolinea Amref, ampiamente deficitari sono i dati sulla disponibilità di terapia intensiva nel continente: 150 i posti disponibili in Kenya, 50 in Senegal, 38 in Tanzania, 45 in Zambia, 34 in Malawi. Gli ospedali che in Etiopia hanno terapie intensive sono circa quaranta.
VOCI DALL'AFRICA
“Il numero di contagi cambia ogni giorno; ieri sera erano 99, di cui 46 casi importati e 7 casi di trasmissione comunitaria. Sono stati monitorati oltre 1.500 casi. Il contenimento è parziale ma potrebbe cambiare tutto e diventare totale se il virus avanza e si propaga. Vengono messi in atto tutti gli sforzi per gestire i casi, attraverso l'identificazione precoce. È in fase di attuazione un lavoro di controllo e assistenza anche nelle altre regioni”. (Bara Ndiaye, Ceo di Amref Health Africa Senegal)
“L’Uganda ha vissuto, e continua a confrontarsi, con molte sfide legate, soprattutto, alle condizioni di salute del Paese: Hiv, epatite B e molte altre. Quindi, in questo momento, penso che le persone non si stiano esponendo troppo, stanno nascondendo le loro emozioni e le loro paure, ma l’incombente incertezza c’è e si sente”. (Dr. Patrick Kagurusi, responsabile programmi di Amref Health Africa in Uganda)
“Il 12 marzo scorso è stato identificato il primo caso positivo di Covid-19 ed è iniziata la battaglia del Kenya contro questo nemico invisibile. Da allora i casi sono aumentati, sebbene il numero complessivo sia molto difficile da stimare. Il dramma è che qui in tutto ci sono circa 150 terapie intensive, tra strutture pubbliche e strutture private. In più, non è pensabile un rafforzamento o un aumento di posti letto per i malati gravi, perché comunque non ci sarebbero abbastanza medici e infermieri capaci di assisterli”. (Andrea Bollini, operatore di Amref Health Africa in Kenya)
“Qui non fanno i tamponi costanti, quindi è difficile da dire se il virus sia più diffuso rispetto a quanto dichiarato. Anche perché gran parte dei contagiati potrebbero essere asintomatici, e per il tipo di vita sociale che si fa qui in Etiopia, la situazione potrebbe essere più grave di quanto ufficializzato. Sicuramente le strutture sanitarie, siano esse pubbliche o private, non hanno abbastanza mezzi e medicinali per affrontare una crisi su larga scala”. Luigi Bottura, referente dei progetti di Amref Italia in Etiopia
LA TECNOLOGIA
Leap è una piattaforma “mobile health” progettata in Africa per l’Africa. È una soluzione di apprendimento per la formazione di operatori sanitari sempre e ovunque. Una soluzione efficace che utilizza la tecnologia audio e Sms per responsabilizzare, sensibilizzare o formare personale sanitario, consentendo a ogni individuo di apprendere al proprio ritmo, con i propri dispositivi mobili – cellulari basici o smartphone – all’interno delle proprie comunità. Questa piattaforma è attualmente attiva in Kenya e Malawi. Le informazioni su Covid-19 sono state caricate su questa piattaforma e sono oggetto di scambi in chat tra gli operatori di salute di comunità (community health worker).