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DITTATURA A PYONGYANG. Svolta in Corea: il "Caro leader" è pronto a lasciare

Luca Miele domenica 27 giugno 2010
La più volte annunciata, smentita, rimandata e attesa successione potrebbe tra non molto diventare realtà. Kim Jong-il, l’uomo che domina dal 1994 la Corea del Nord – affamando il suo Paese e tenendo in scacco la comunità internazionale con l’arma del ricatto nucleare – potrebbe lasciare la sua poltrona. Tutto rimarrebbe in famiglia però. Il prescelto alla successione sarebbe infatti il terzogenito (e semi sconosciuto), Kim Jong-un.A mettere in allarme i servizi di intelligence di mezzo mondo è stato un dispaccio diramato dell’agenzia di stampa ufficiale di Pyongyang: a settembre si riunirà l’ufficio politico del Partito dei lavoratori della Corea «per eleggere la leadership del suo massimo organo» in modo che rifletta «le nuove esigenze». È il primo “appuntamento” del genere da 44 anni a questa parte.La possibile svolta cadrebbe in un momento quanto mai delicato nelle relazioni tra le due Coree da un parte, tra Pyongyang e Washington dall’altra: turbolenze innescate dall’affondamento della corvetta di Seul dello scorso 26 marzo. Non passa giorno senza che le due Coree non si scambino minacce o non si irritino con una serie di provocazioni. Le forze navali di Usa e Corea del sud hanno deciso di rafforzare la loro cooperazione per sorvegliare i sottomarini nordcoreani. Pyongyang, da parte sua, ha interdetto alla navigazione la sua costa orientale sul Mar Giallo. Per gli esperti è in preparazione un nuovo test missilistico. Non sono mancate le “irriverenze” nei confronti degli Usa. Il regime comunista ha fatto sapere che sta «considerando» la possibilità di applicare la «legge di guerra» a un cittadino americano Aijalon Mahli Gomes, arrestato in gennaio e poi condannato ad otto anni di lavori forzati. La sua colpa? Essere entrato illegalmente nel Paese. Non solo: a Pyongyang hanno quantificato i danni subiti per mano americana a partire dalla guerra di Corea: 64.960 miliardi dollari. Tra le “voci”, 26.170 miliardi di dollari sono riconducibili agli oltre «5 milioni di civili nordcoreani uccisi, feriti o rapiti dagli Usa», mentre altri 13.730 miliardi «sono riferibili alle sanzioni economiche». Cosa cambierà con l’ascesa la potere del giovane Kim Jong-un? E come si modificheranno i rapporti della “famiglia” con l’esercito, nelle cui casse finisce il 50% del budget nazionale? Solo pochi mesi fa, coma ha scritto Foreign Policy, Kim Jong-il ha promosso circa cento militari, per quello che è stato il più grande avanzamento collettivo di carriera in tredici anni di regime. Un modo per calmare le acque nelle Forze armate? A Pyongyang in molti ricordano come l’ascesa al potere di Kim fu accompagnata da un attentato alla sua vita nel luglio 1994 e da un fallito ammutinamento di una unità dell’esercito non molto tempo dopo.Una cosa è certa: nessuno vuole il tracollo del regime. A cominciare dall’alleato più potente del Nord, la Cina – spesso messa all’angolo dalle intemperanze del regime. Secondo Shen Dingli, dell’Università di Shanghai «la Cina ha consapevolezza che la Nord Corea è un Paese agonizzante, e che non agisce come un attore razionale». Pechino teme la reazione a catena che un eventuale tracollo del regime innescherebbe. A cominciare da un nuovo – spaventoso – esodo di profughi. A metà degli anni Novanta, decine di migliaia di coreani scapparono dall’incubo della carestia. Destinazione? La Cina: i due Paesi condividano ben 1.415 chilometri di frontiera. Altra preoccupazione: che fine farebbe il materiale nucleare del regime? Secondo fonti dell’intelligence sudcoreane, il Nord possiede oggi sei ordigni nucleari.