Diario della Cop26/ Giorno 8. La rivoluzione verde del Gambia
Siccità in Gambia
Incastonato tra l'Oceano Atlantico e il Senegal, il piccolo Gambia è uno dei Paesi con il minor Pil pro-capite del mondo: la metà degli abitanti vive in povertà. Ciò non gli ha impedito di aggiudicarsi il titolo di motore della rivoluzione verde. Le sue politiche di riduzione dei gas serra sono le uniche, secondo i rilievi del prestigioso Climate Action Tracker, in linea con l'Accordo di Parigi. Il Gambia ha annunciato un drastico taglio del 44,4 per cento entro il 2025, grazie alla sostituzione delle fonti fossili con le rinnovabili. Se tutti i 121 Stati più l'Unione Europea, che finora hanno presentato i loro obiettivi di tagli di CO2 avessero fatto lo stesso, la temperatura mondiale resterebbe di certo entro la soglia dei due gradi. Purtroppo non è così. Lo sa bene lo stesso Gambia, duramente colpito dal cambiamento climatico. L'innalzamento del livello del mare - impatto della crisi ambientale in atto - erode le coste e riduce drasticamente le superficie dei campi, da cui dipende il 70 per cento della popolazione. L'acqua del fiume Gambia, di cui è cresciuto il tasso di salinità, brucia i raccolti di riso. Lasciata la terra, ormai avara, giovani e giovanissimi in cerca di futuro s'incamminano nei viaggi della disperazione verso l'Europa. Nessuno saprà mai il numero esatto di quanti di loro sono stati ingoiati dal Mediterraneo. Eppure la nazione africana contribuisce a meno dello 0,01 delle emissioni globali. Da qui la pressante richiesta di aiuti per far fronte all'emergenza. Invece, la gran parte dei fondi climatici è destinata alla mitigazione, cioè alla riduzione della CO2, questione particolarmente cara ai Paesi ricchi. E' uno dei dossier più caldi del negoziato. Nella prima bozza, risultato delle mediazioni tecniche, che oggi verrà presentata ufficialmente, si parla di trovare un "bilanciamento" fra le due esigenze. Quanto e in che modo sarà il documento, frutto del negoziato politico, finale a dirlo.