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Obamacare. Contraccezione: la Corte suprema rimanda la legge ai tribunali

martedì 17 maggio 2016
NEWYORK La Corte suprema degli Stati Uniti propone un compromesso agli enti d’ispirazione religiosa che da anni difendono in tribunale la loro libertà di obiezione di coscienza. La Corte costituzionale americana, dopo aver esaminato il caso che vede contrapposta l’Amministrazione Obama a scuole e ospedali cattolici che rifiutano l’obbligo contraccettivo imposto da Obamacare, ha deciso di non decidere, rimandando la sentenza ai tribunali di grado inferiore. Sette di questi hanno preso le parti del governo Usa, respingendo la richiesta del mondo non profit d’ispirazione cattolica di ricevere un’esenzione dal dovere di partecipare alla fornitura di farmaci contraccettivi e abortivi. Ma i giudici supremi non si sono limitati a rispedire il caso un gradino più in basso. Hanno preso l’iniziativa eccezionale di indicare alle parti un possibile compromesso. E, stando ai documenti con i quali le due parti hanno risposto, sembra che la soluzione sia percorribile. La Corte propone agli enti di limitarsi a fornire ai loro impiegati un pacchetto sanitario che non comprenda alcun medicinale o procedura che violi i loro principi morali. Sarà poi il ministero alla Sanità a individuare, in collaborazione con l’assicuratore, quali polizze devono essere integrate da servizi contraccettivi e abortivi (resi obbligatori dalla riforma della sanità voluta da Barack Obama), interamente a spese del governo e senza intervento del datore di lavoro. La decisione, comunicata ieri, appare come un modo per evitare una sicura impasse della Corte sul caso. Dalla morte del giudice cattolico Antonin Scalia, infatti, il massimo organo giudiziario Usa è diviso a metà su molte questioni controverse. Il presidente Usa ha già nominato un successore di Scalia, ma i repubblicani in Congresso si sono finora rifiutati di prendere in considerazione la sua ratifica. La Corte, incapace di raggiungere una maggioranza, sta quindi cercando soluzioni creative ai casi più urgenti rimasti in sospeso. Se avesse emesso una sentenza di parità, avrebbe di fatto confermato il verdetto d’appello, negando il diritto all’obiezione di coscienza agli enti religiosi. ( E.Mol.) © RIPRODUZIONE RISERVATA