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IL DRAMMA IN CONGO. Mea culpa Onu: 500 stupri nel Kivu

Paolo M. Alfieri giovedì 9 settembre 2010
Ci sono momenti di puro terrore nascosti dietro gli sguardi spenti di centinaia di giovani donne congolesi. Sono gli sguardi di chi ha smarrito la fiducia nella bontà del genere umano, dopo aver subito abusi che solo a immaginarli si vien presi da terrore e smarrimento. Violenze fisiche e psicologiche, abusi sessuali di ogni tipo, brutalità diffuse contro di sé e i propri familiari. In Congo, nelle province orientali anarchiche del Nord e Sud Kivu, dove sono i gruppi ribelli e le multinazionali in cerca di minerali a dettar legge, casi come quelli rivelati ieri dalle Nazioni Unite stanno diventando, giorno dopo giorno, sempre più la regola, non l’eccezione. Un mese fa l’Onu denunciò lo stupro di massa di 150 donne in 13 villaggi. Pochi giorni dopo le vittime delle violenze erano già 250. L’indignazione della comunità internazionale, certo. Ma a poche settimane di distanza niente è cambiato. Così le vittime di questa ondata di barbarie sono ora diventate, in meno di due mesi, ben 500. Ma i dati nudi e crudi non bastano a restituire il senso di quanto queste donne abbiano dovuto subire. Per questo Margaret Wallstrom, responsabile speciale dell’Onu per la prevenzione delle violenze contro le donne, non ha risparmiato particolari agghiaccianti sugli abusi.Nel piccolo villaggio di Luvungi, 2.160 anime nel cuore della foresta del territorio di Walikale, l’incubo si è consumato in una sola notte, il 30 luglio: tutte le donne presenti, 284, tra cui anche bambine e anziane, sono state stuprate da gruppi formati da due a sette uomini, spesso davanti ai loro figli. «Mi hanno portato dietro la casa, mi hanno spogliata e stesa per terra – ha raccontato Anna Burano, 80 anni –. Mi sono detta: è finita, è la mia morte». La donna, la più anziana di Luvungi, è stata violentata da quattro uomini: «Il sangue mi colava dappertutto, hanno anche preso un machete per tagliuzzarmi la mano tra l’indice e il pollice». Secondo le testimonianze, i ribelli, per lo più membri delle Forze democratiche di liberazione del Ruanda (Fdlr), erano arrivati in 350, e il 3 agosto hanno lasciato Luvungi senza incontrare il minimo ostacolo. «Gli stupri non sono stati un incidente isolato ma parte di un più vasto schema di violenze sessuali sistematiche e saccheggi», ha sottolineato la Wallstrom davanti al Consiglio di sicurezza dell’Onu.Secondo Atul Khare, sottosegretario Onu per le missioni di pace, negli stessi giorni violenze analoghe si sono verificate, per mano di guerriglieri mai mai e Fdlr, in 13 villaggi. Khare ha spiegato che la missione Onu (Monusco) era stata avvisata della presenza di gruppi armati, ma non era al corrente dell’ampiezza delle violenze. Così quando il 5 agosto i caschi blu ricevettero le prime 45 denunce di stupri, i ribelli «erano già spariti nelle foreste».L’alto funzionario Onu ha ammesso alla fine il fallimento delle Nazioni Unite. «Anche se la responsabilità principale di proteggere i civili spetta allo Stato – ha detto – abbiamo fallito anche noi. Le nostre azioni non sono state adeguate». Kare ha quindi annunciato l’avvio di una nuova operazione: l’intervento prevede l’utilizzo di un contingente di 750 uomini con l’appoggio di elicotteri di attacco e osservazione, che fornirà sostegno alle autorità congolesi nel compito di arrestare gli autori delle violenze.Intanto il segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon, in visita in Ruanda, si è detto «dispiaciuto» e «deluso» dalla fuga di notizie riguardanti il documento Onu sulle gravi violazioni dei diritti umani in Congo tra il 1993 ed il 2003. Il documento contiene accuse contro il Ruanda di Paul Kagame.