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Congo. Il governo di Kabila non cede: «L'esercito contro i ribelli del Kasai»

Paolo M. Alfieri giovedì 6 aprile 2017

Un’operazione dell’esercito congolese contro i miliziani nella foresta di Goma (Reuters)

A muso duro, il presidente congolese Joseph Kabila mostra di non voler cedere né ai ribelli della turbolenta provincia del Kasai né all’opposizione politica, con cui è in corso da tempo un braccio di ferro riguardo al futuro dello stesso capo dello Stato.

In un raro discorso in Parlamento pronunciato ieri, il presidente – in carica dal 2001 e il cui mandato è scaduto lo scorso 20 dicembre – ha promesso di restaurare l’ordine nel Kasai, dove lo scoppio di una ribellione lo scorso anno sta ponendo una delle più serie minacce degli ultimi anni al potere centrale. Kabila ha annunciato di aver designato il territorio del Kasai come «settore operativo» e ha chiesto ai membri della milizia Kamwina Nsapu di deporre le armi.

«Messi di fronte a queste inaccettabili atrocità commesse contro vittime innocenti, non possiamo più rinviare la nostra responsabilità di ristabilire l’autorità statale in questa parte del Paese con tutti i mezzi legali possibili», ha tuonato il presidente. Le Nazioni Unite hanno accusato nelle ultime settimane sia le forze governative sia i ribelli di abusi di diritti umani e hanno riferito di essere in possesso di rapporti credibili su esecuzioni sommarie ai danni di sospetti miliziani commesse dall’esercito.

Il governo nega che le forze dispiegate nella provincia si siano rese responsabili di un uso eccessivo della forza, ma ha incriminato sette soldati. Le accuse sono di omicidio e mutilazioni, in relazione ad un video che mostrerebbe un gruppo di militari massacrare dei sospetti ribelli. Ancora ieri la missione Onu in Congo (Monusco) ha avvertito che l’intensificarsi della risposta militare finirebbe solo con «l’esacerbare la violenza e porre in ulteriore pericolo la popolazione». I morti nella provincia sono già almeno 400, molti dei quali civili.

Kabila ieri ha mandato anche un messaggio netto all’opposizione, con cui i negoziati sono in fase di stallo dalla scorsa settimana, per il disaccordo sul meccanismo di nomina del nuovo premier. L’intesa siglata lo scorso dicembre con la mediazione della Chiesa locale prevede infatti la condivisione del potere, con Kabila in carica fino alle nuove elezioni da tenersi entro fine anno. L’opposizione vorrebbe presentare un solo nome per l’incarico di premier, Kabila vorrebbe una rosa di tre nomi tra i quali scegliere. Da qui l’impasse, che se non si sbloccherà, ha minacciato ieri il presidente, verrà risolta con una sua nomina entro le prossime 48 ore. Una mossa che rischia di far aumentare ulteriormente le tensioni nel Paese.

Intanto dalla provincia orientale del Nord Kivu, tra le più violente del Paese, l’Ong Cepadho ha nuovamente denunciato i molti attacchi subiti da chiese, conventi e scuole cattoliche ad opera di «banditi armati, ribelli o altre persone incivili».

Secondo una nota inviata all’agenzia Fides, domenica scorsa «sconosciuti hanno effettuato un’incursione nell’abitazione parrocchiale di Paida nella città di Beni, nella provincia del Nord Kivu. Tre sacerdoti, tra cui l’economo, sono stati presi nelle loro camere e torturati. I banditi hanno rubato denaro, computer e altri beni. Le vittime sono salve per miracolo». Anche le vicine scuole cattoliche sono state saccheggiate, tra le quali una nella quale era custodito materiale elettorale della Commissione elettorale indipendente.