Myanmar. Aung San Suu Kyi condannata a 2 anni di carcere. L'Onu: farsa, sia liberata
Aung San Suu Kyi
Aung San Suu Kyi, politica birmana alla guida dalla fine degli anni Ottanta del movimento che si oppone all'autoritarismo dei militari nella difesa dei diritti umani e vincitrice del premio Nobel per la pace nel 1991 quando era già agli arresti domiciliari, oggi è stata condannata in modo definitivo da un tribunale del Myanmar. La richiesta iniziale di quattro anni di reclusione è stata ridotta a due.
Lo comunica il capo della giunta che l'1 febbraio scorso ha rovesciato le istituzioni democraticamente elette. Dopo il colpo di stato, Suu Kyi, la quale ricopriva l'incarico di consigliera di Stato, è stata arrestata assieme ad altri leader del suo partito, la Lega nazionale per la democrazia, che aveva vinto nelle precedenti elezioni di novembre.
L’accusa è quella di sedizione e violazione delle norme antiCovid, a cui si aggiungono secondo la denuncia dei militari il reato di corruzione, di violazione del segreto di Stato e della legge sulle telecomunicazioni. Imputazioni che potrebbero costarle il carcere a vita. Insieme a lei, oggi è stato condannato anche l'ex presidente Win Myint.
Il governo britannico ha bollato come «un terribile tentativo da parte del regime militare in Myanmar di soffocare l'opposizione e sopprimere la libertà e la democrazia». Il Regno Unito, Paese in cui Aung San Suu Kyi ha vissuto prima di rientrare in patria nel 1988, chiede al regime «di rilasciare i prigionieri politici, di avviare il dialogo e consentire un ritorno alla democrazia», ha affermato il ministro degli Esteri, Liz Truss, in una nota. Anche l'Unione Europea, per voce dell'Alto rappresentante per gli Affari esteri Josep Borrell, hanno
Amnesty International ha dichiarato che «le dure condanne inflitte ad Aung San Suu Kyi sulla base di false accuse sono l'ultimo esempio della volontà dei militari di sopprimere ogni opposizione e togliere le libertà in Birmania».
Anche l'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, Michelle Bachelet, si è unita al coro di critiche. «La condanna a seguito di un processo farsa davanti a un tribunale controllato dai militari non è altro che una sentenza motivata politicamente», ha affermato Bachelet in una nota, chiedendo la liberazione di Suu Kyi.
Il comitato che assegna il premio Nobel per la pace ha espresso inquietudine. La presidente Berit Reiss-Andersen si è detta «preoccupata per ciò che significa questa reclusione per il futuro della democrazia in Birmania», temendo anche i «costi
personali per una lunga pena detentiva» che rischia di pagare Aung San Suu Kyi.
Per l'ex leader birmana 76enne quella di oggi potrebbe essere la prima di una serie di condanne, poiché la donna dovrà affrontare altri processi e rischia di dover scontare decine di anni di carcere. Aung San Suu Kyi da quando è stata arrestata, il primo febbraio scorso. Da allora è stata accusata di violazione della legge sui segreti ufficiali, di importazione illegale di walkie talkie e di frode elettorale, ma anche di corruzione in diversi capi d'accusa distinti, che potrebbero costare all'ex Consigliere di Stato 15 anni di carcere ciascuno. Gli osservatori sottolineano che il verdetto di oggi riguarda solo "le accuse più leggere che il regime avrebbe potuto risparmiarle: è come se avessero deciso di raddoppiare la repressione contro gli oppositori".