Ucraina. L'esercito della Corea del Nord va in soccorso dello zar Putin
La leggenda sui coreani del Donbass circolava da mesi. Fino a quando i combattenti ucraini, che lanciano piccoli droni spia sulla testa delle prime linee russe, non hanno avuto la conferma dalle intercettazioni radio. La Corea del Nord ha inviato i primi “consiglieri militari” a supporto delle forze russe.
La “legione straniera” moscovita si arricchisce così di nuove forze, oltre che di nuove armi. In guerra le prove arrivano più spesso dai morti che dai vivi. E la settimana scorsa diversi canali Telegram russi hanno divulgato in alcune chat private intercettate dall’intelligence internazionale che nel corso di un attacco missilistico ucraino, almeno sei nordcoreani sono morti e due dozzine sono rimasti feriti.
Il gruppo di soldati dalla penisola asiatica è arrivato nella parte dell’Ucraina controllata dai russi per «scambiare esperienze» con le loro controparti inviate da Mosca, ha poi confermato l’agenzia Interfax il 4 ottobre. E l’8 ottobre il ministro della Difesa sudcoreano Kim Yong-Hyun ha definito «probabile che la Corea del Nord schieri truppe regolari in Ucraina per aiutare la Russia». Non solo, il ministro Kim ha anche assicurato che le notizie di perdite nordcoreane nei pressi della città ucraina di Donetsk «sono da ritenersi verosimili». Un tipico modo per confermare la notizia senza entrare troppo nei particolari.
Fonti della Difesa di Kiev, nei giorni scorsi, hanno dichiarato che nell’ultimo mese di guerra circa metà di tutti i proiettili sparati dalle forze russe sono risultati di fabbricazione nordcoreana. Ma i “consiglieri militari” non sarebbero arrivati fino a qui solo per smistare equipaggiamento per armi leggere. Pyongyang sta fornendo alla Russia anche missili balistici. Armamenti non facili da gestire e per i quali è necessaria la presenza di operatori nordcoreani in grado di manovrare gli ordigni.
La presenza di soldati inviati dal dittatore Kim Jong-un è un salto in avanti, dopo che il leader nordcoreano aveva inviato personale specializzato da affiancare alle autorità di occupazione russa nella ricostruzione delle aree conquistate.
All’inizio del 2024 Mosca e Pyongyang hanno firmato un patto di mutua difesa suggellato dalla visita del presidente russo Vladimir Putin nella capitale nordcoreana.
Ma non ci sono solo gli orientali. Fonti militari ucraine ci mostrano diversi filmati con cadaveri di soldati sul lato russo dai tratti somatici inequivocabili. Diversi sono i combattenti di colore colpiti dall’artiglieria di Kiev nelle regioni meridionali, dove lo scontro occupa meno spazio sulle cronache internazionali ma nel quale si gioca la partita cruciale per l’accesso alla Crimea e l’avanzata russa da sud verso la regione di Zaporizhia. Nei mesi scorsi diverse rganizzazioni internazionali avevano denunciato l’impiego di giovani soldati provenienti da Paesi africani, alcuni assoldati sul posto dalle milizie russe in Africa, altri, in prevalenza immigrati africani nelle repubbliche della Federazione, inviati in guerra con la promessa di uno stipendio e della cittadinanza russa.
In alcuni villaggi i cadaveri giacciono accatastati, mentre altri uomini prendono il posto di chi è stato falciato dalle raffiche. «L’altro ieri ne abbiamo uccisi 80 – racconta un operatore di droni che mostra un filmato sul suo palmare –. Ma ieri ne hanno mandati altri cento, e quasi tutti li abbiamo eliminati. I russi non si fermano mai e mandano a morire migliaia di uomini. Non hanno pietà per i loro soldati, figurarsi se ne avrebbero per noi». Le scene sono orribili. In mezzo a uomini fatti a pezzi, alcuni si muovono strisciando, poi restano immobili. E nessuno che corre a soccorrerli. Neanche chi spinto a rimpiazzare i caduti.
Secondo le forze armate americane oltre 600mila soldati russi sono stati uccisi o sono rimasti feriti in Ucraina dall’inizio dell’invasione del Paese. Lo hanno dichiarato ad alcuni media internazionali i funzionari del Pentagono, che hanno voluto mantenere l’anonimato. Una stima di 40 volte superiore alle perdite subite dalla Russia durante la fallita invasione dell’Afghanistan. Numeri analoghi a quelli forniti dal governo ucraino, che a sua volta mantiene il segreto sulle perdite di Kiev. Mosca nega un bilancio così drammatico, ma dopo quasi tre anni di conflitto anche le smentite sembrano più blande del solito.
Le autorità russe per forza di cose sono molto interessate ad attirare gli stranieri nelle proprie forze armate. Le restrizioni sul rifornimento dell’esercito con cittadini di altri Paesi sono state gradualmente revocate e una serie di incentivi hanno invece soppiantato i divieti. Agli stranieri che prestano servizio nei battaglioni con le insegne della Federazione è stato concesso il diritto di richiedere la cittadinanza e anche una possibilità di fare carriera in armi, se sopravviveranno.
Che queste notizie non tranquillizzino la gente delle regioni meridionali lo prova la corsa contro il tempo per costruire fortificazioni lungo quella che nel 2022 era stata la prima linea dell’occupazione russa da Kherson fino a Mykolaiv, a poco più di un’ora d’auto da Odessa. L’ordine è quello di ultimare chilometri di fossati prima dell’inverno. Gli operai lavorano su terreni in gran parte infarciti di ordigni inesplosi e ogni giorno ci sono incidenti. Le fortificazioni hanno un doppio scopo: rallentare l’eventuale avanzata dei mezzi cingolati russi che dovrebbero superare buche profonde che vengono infarcite di esplosivo. In caso di necessità gli avvallamenti possono diventare trincee per i soldati di Kiev.
Schevchenkove non è un villaggio come gli altri. Da qui i russi erano passati quando in poche settimane avevano catturato l’intera regione di Kherson avanzando fino a Mykolaiv. Scapparono quasi tutti, mentre i carri armati abbattevano edifici facendo saltare in aria perfino il distributore di carburante, tanto che qualche chilometro più in là le forze di occupazione restarono a secco e in diversi vennero catturati dai partigiani ucraini increduli di vedere militari di Mosca senza neanche un gallone di gasolio quando avrebbero potuto approvviggionarsi gratuitamente. Oggi quei partigiani scavano nella terra che hanno difeso, fino a ottenerne la liberazione nell’autunno del 2022, temendo che possa cadere ancora in mano nemica.
Alle loro spalle c’è il litorale e dal mare arrivano droni e missili sparati dalle basi in Crimea e dalle navi al largo. Mosca ha messo a segno più di 60 raid in meno di due mesi distruggendo quasi 300 infrastrutture portuali, 177 veicoli e danneggiando 22 navi civili adibite all’esportazione di cereali e non di rado inviate a far sbarcare armi fornite dai 57 Paesi alleati di Kiev.
Mentre ostacola la consegna di equipaggiamento per l’Ucraina, Mosca ha accelerato il dislocamento di armi balistiche anche a distanza dalla linea di attrito nell’Ucraina orientale che supera oramai i mille chilometri. Ieri si è appreso che un secondo jet russo Mig-31K, in grado di trasportare missili Kinzhal, è atterrato nell’aeroporto bielorusso di Machulishchy, secondo quanto riferito dal gruppo di monitoraggio di dissidenti bielorussi “Hajun”. Il primo aereo intercettore russo Mig-31K era atterrato il giorno precedente, per la prima volta dall’aprile 2023, quando tre caccia dello stesso tipo lasciarono il cieli di Minsk e non sono mai più stati avvistati. La Bielorussia non ha partecipato direttamente alla guerra, ma permette al Cremlino di utilizzare il proprio territorio come base logistica e di transito per le operazioni contro l’Ucraina.
I missili Kinzhal di nuova generazione vengono sganciati in volo e sono tra i più difficili da intercettare. Possono volare superando la velocità del suono per oltre 2 mila chilometri.
L’aeronautica ucraina non fornisce dettagli sulle operazioni di contrasto alle bombe ipersoniche, tuttavia una fonte mai smentita ha recentemente fornito un dato: su 63 Khinzal sparati da Mosca, solo 25 sono stati intercettati e distrutti in volo. Che adesso i vettori si trovino a neanche mezz’ora di volo da Kiev è più di una minaccia, mentre si fa la conta degli uomini a disposizione per proteggere quei confini che in poche settimane potrebbero tornare ad essere fin troppo porosi quando le energie non sono più quelle di un tempo. E alle 22 è arrivata la conferma. Due missili ipersonici si abbattono su Odessa pochi secondi dopo che era risuonato l’allarme, senza lasciare il tempo di gettarsi nei rifugi. Preannunciando un’altra notte di attacchi sulla città.