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Indonesia. Kamikaze davanti alla cattedrale: perché i cattolici sono nel mirino

Stefano Vecchia lunedì 29 marzo 2021

Un poliziotto indonesiano davanti alla cattedrale cattolica di Makassar presa di mira domenica

Da tempo la comunità cattolica indonesiana (8 milioni di fedeli, un terzo del totale dei cristiani) non finiva sotto attacco con la brutalità e indiscriminatezza di domenica che ha risvegliato le memorie delle diffuse violenze che interessarono Sulawesi tra il 1998 e il 2001, con altri eventi episodici nel 2005, 2006 e oltre fino al 2020, con il massacro di quattro cristiani evangelici e l'incendio di alcune cappelle. La piccola comunità cattolica di Makassar, 1.400 individui per l'80 per cento di discendenza cinese - come confermato all'agenzia Asia News dal parroco della cattedrale, padre Willem Tulak - non si capacita di essere stata presa di mira.
I fattori che incentivano tensioni e a volte violenze tra le comunità musulmana e cristiana sono vari e spesso fondati su contrasti di interessi, ma indubbiamente un ruolo nel mantenere alta la tensione l'hanno le politiche governative (ad esempio il contrasto tra la libertà di religione e la difficoltà a potere disporre di terreni e permessi per nuovi luoghi di culto) e gli estremisti che alimentano insofferenza, quando non odio aperto verso i battezzati.

In un Paese che ha al centro un'ideologia di uguaglianza, anche delle espressioni religiose ammesse per legge, e una Costituzione che le tutela, fatti come quelli di due giorni fa pongono ancora una volta la comunità cristiana davanti alla propria precarietà in quello è il maggiore Paese musulmano al mondo e dove non mancano forze politiche che cavalcano le istanze estremiste e persino il progetto di imporre indiscriminatamente la Sharia su tutti gli indonesiani. «L'attacco suicida non è causa di preoccupazione per i soli cattolici bensì motivo preoccupazione per l'intera nazione e per lo Stato indonesiano» ha dichiarato il responsabile della Commissione per gli Affari Ecumenici e Interreligiosi della Conferenza Episcopale cattolica e vescovo di Tanjungkarang, mons. Yohannes Harun Yuwono. In un comunicato ripreso da Aiuto alla Chiesa che soffre, la Commissione ha chiesto di mantenere la calma e evitare azioni di ritorsione. Una richiesta che nell'avvicinarsi della Pasqua vuole evitare che la festività diventi occasione di ulteriori tensioni. "Ci auguriamo che le forze di polizia delle nazioni in cui sono attive queste formazioni estremiste islamiste rafforzino le misure di sicurezza per garantire ai fedeli una partecipazione serena alle celebrazioni della Settimana Santa e della Pasqua", ha commentato il direttore di Acs Italia, Alessandro Monteduro.

Denuncia e e condanne sono arrivate da più parti, sia dalla protestante Comunione delle Chiese in Indonesia, sia da organizzazioni cattoliche. Condanna per l'accaduto è stata espressa dal vicario generale dell'arcidiocesi di Makassar, padre Joni Payuk, che ha ribadito la ferma condanna della comunità cristiana contro «questo atto di terrore». «Qualunque sia il motivo sottostante, questo gesto non è giusto», ha commentato, sottolineando in una dichiarazione rilasciata a Asia News «il buon lavoro dell'amministrazione locale, della polizia e delle forze armate nell'affrontare l'incidente investigando il caso, compiendo perquisizioni e ricerche, cercando di ricostruire il sentimento di sicurezza sociale a Makassar». «Vogliamo anche sostenere - ha aggiunto - il morale della nostra comunità cattolica, perché sia attiva nel promuovere lo spirito di fraternità fra tutti i cittadini».