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Bangkok. Thailandia, colpo di Stato dell'esercito

giovedì 22 maggio 2014
Le forze armate thailandesi hanno rotto gli indugi e dichiarato alle 17 ora locale, le 12 di giovedì in Italia, il colpo di Stato (formalmente definito dal comandante dell'esercito, generale Prayuth Chan-ocha, “potere di controllo”). Decade così definitivamente l'esecutivo guidato dal premier provvisorio Nitthamronrong Boonsongpaisan, in carica dal 7 maggio, dopo che una sentenza della Corte costituzionale aveva esautorato la premier Yingluck Shinawatra e altri nove ministri per abuso di potere.Il primo ministro non si era recato anche oggi, come ieri, all'incontro convocato dal Comando per il mantenimento della pace e dell'ordine, l'organo di gestione della legge marziale per individuare le posizioni delle parti e cercare una possibile mediazione.Alla terza giornata dall'imposizione della legge marziale e dopo avere verificato l'impossibilità di un accordo tra le parti per mettere fine alla crisi in corso da sette mesi, oggi erano presenti, oltre ai vertici militari, i leader della protesta anti-governativa e quelli del movimento filo-governativo del Fronte unito per la democrazia contro la dittatura (Ud, meglio conosciuto come Camicie Rosse), i responsabili dei due maggiori partiti il Puea Thai al potere e il Democratico all'opposizione. Esponenti del Senato e della Corte costituzionale.Le notizie ancora frammentarie, diffuse da circa un'ora dai vertici delle forze armate per via televisiva, inframmezzate da musiche patriottiche, segnalano l'arresto di molti dei partecipanti all'incontro. Praticamente azzerata la leadership del movimento di protesta guidato da Suthep Thaugsuban come pure del movimento filo-governativo delle Camicie Rosse. In una situazione di alta tensione si attendono le prossime mosse dei loro seguaci, radunati in molte migliaia rispettivamente nel centro della capitale e in un'area periferica. Entrambi circondati da contingenti dell'esercito. Ancor più si attende la reazione delle Camicie Rosse e dei sostenitori dei partiti della maggioranza che hanno le roccaforti lontano dalla capitale, nel Nord e nell'Est.