USA. Le lacrime della Clinton per Chris Stevens: «Mi sento responsabile»
Con la voce a tratti strozzata dall'emozione, Hillary Clinton, dinanzi alla Commissione Esteri del Senato americano, ha difeso la sua gestione dell'attacco dell'11 settembre al consolato Usa a Bengasi, un evento che rischia di lasciare un segno sulla sua eredità al Dipartimento di Stato e minare le eventuali mire presidenziali. Grintosa e agguerrita quando non travolta dall'emozione, la Clinton ha detto ai senatori che si assume tutta laresposabilità dell'attacco in cui morì l'ambasciatore, Christopher Stevens, insieme a tre altri americani, ma si è anche difesa: ha interrotto un senatore per contraddirlo e ricordato che non vide richieste di misure aggiuntive di sicurezza a protezione della missione a Bengasi. Ha inoltre negato con forza l'accusa repubblicana che l'amministrazione Usa tentò di coprire gli eventi . «Le persone che hanno accusato l'ambasciatore Susan Rice e l'amministrazione Usa» di aver coperto la verità sull'attacco al consolato di Bengasi «si sono sbagliate, niente potrebbe essere più lontano dalla verità», ha putnualizzato Hilary Clinton. Che ha inserito l'accaduto nel quadro della crescente instabilità nel nord d'Africa: «L'attacco di Bengasi non è accaduto per caso, le rivoluzioni arabe hanno stravolto le dinamiche di potere in tutta la regione».La Clinton, che abbandonerà nelle prossime settimane l'incarico, ha ammesso che, «ci furono delle falle nellarisposta» all'attacco, che secondo un'inchiesta indipendente è da collegare a una serie di errori sistemici di gestione, per colpa dei quali il consolato di Bengasi non contava su misure di sicurezza adeguate. Ma ha stilato anche una netta difesa del lavoro che il Dipartimento di Stato svolge nelle sue missioni diplomatiche; si è emozionata e ha dovuto ricacciare indietro un singhiozzo quando ha raccontato di come dovette chiamare le famiglie e dare la notizia che Stevens era stato ucciso e poi assistere al rientro in patria delle salme americane, in bare avvolte dalla bandiera americana. «Come ho detto molte volte, me ne assumo la responsabilità. E nessuno è impegnato più di me nel correggere tutto questo: sono determinata a lasciare il dipartimento di Stato e il nostro Paese più sicuro e più forte. Per me è una questione personale».In Algeria usate armi provenienti dalla LibiaMali e Algeria sono stati poi al centro dei successivi passaggi del discorso della Clinton. Il Mali è un paese«instabile» e «ha creato rifugio per i terroristi» che cercano di compiere «azioni come quella della settimanascorsa in Algeria».Inoltre, ha puntualizzato il segretario di Stato, nell'attacco terroristico di matrice islamica all'impianto gasiero algerino di In Amenas sono state usate armi provenienti dalla Libia. «Non ci sono dubbi», ha affermato la Clinton parlando alla Commissione esteri del Senato americano. Così come non ci sono dubbi, ha aggiunto, che anche i salafiti che controllano il nord del Mali «abbiano armi provenienti dalla Libia».Rispondendo a diverse domande sulla situazione nei paesi africani, la Clinton ha detto che «fronteggiamo l'espandersi di una minaccia jihadista. Dobbiamo riconoscere che è un movimento globale», contro il quale si deve rispondere in modo militare, «possiamo uccidere i loro capi», ma non solo perchè - ha concluso - fino a quando la democrazia non cresce nella regione «noi andremo incontro ad una continua instabilità».