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La ricerca. Cambiamento climatico e salute: il rapporto è sempre più malato

Daniele Zappalà, Parigi venerdì 3 novembre 2023

La megalopoli indiana Mumbai avvolta dallo smog

Sempre più prove mostrano la nocività del cambiamento climatico sulla salute. Anzi, secondo uno studio condotto sotto l’egida dell’Onu e coordinato dall’Organizzazione meteorologica mondiale (Wmo), il cambiamento climatico «rischia d’invertire decenni di progressi in termini di salute» su scala planetaria. I dati raccolti, in generale, confermano che «la salute è in prima linea».

Il rapporto non vuole ostentare pessimismo, ma è stato scritto come un pungolo per esortare i governi ad agire, anche giocando d’anticipo: «Il sapere e le risorse scientifici possono aiutare a riequilibrare la bilancia, ma non sono abbastanza accessibili o utilizzati». Per poter fronteggiare le minacce, c’è un crescente «bisogno di servizi e informazione climatici concepiti su misura, in modo da affiancare i sistemi sanitari di fronte a una meteorologia più estrema e alla cattiva qualità dell’aria».

L’anno 2023 è stato sintomatico delle trasformazioni in corso, poiché dappertutto si sono sperimentate ondate di calore. In queste condizioni, come sottolinea il segretario generale dell’Organizzazione mondiale della Sanità (Who), l’etiope Tedros Ghebreyesus, «la crisi climatica è una crisi sanitaria, per via di eventi climatici più intensi e imprevedibili, scatenando epidemie e contribuendo a tassi più alti di patologie non comunicabili».

Occorrerebbe pure un cambio nei metodi di lavoro, poiché già oggi i tre quarti dei sistemi meteorologici nazionali forniscono dati utili per il mondo sanitario, ma quest’ultimo non li impiega a sufficienza. Di fatto, neppure un quarto dei ministeri della Sanità del pianeta si sono dotati di un sistema di sorveglianza sanitaria che tiene conto sistematicamente dei dati climatici. Eppure, questo sarebbe fondamentale, soprattutto contro le ondate di afa. «Fra il 2000 e il 2013, la mortalità stimata dovuta all’afa era approssimativamente di 489mila persone all’anno, con un carico molto alto in Asia (45%) e in Europa (36%)», si può leggere nel rapporto.

La salute umana è direttamente sensibile pure ad altri fattori connessi alle condizioni climatiche, come l’inquinamento, o ancora le siccità capaci di provocare carestie e crescenti rischi d’insicurezza alimentare per interi Paesi, con una vulnerabilità forte non più solo in Africa e nelle regioni equatoriali. Le soluzioni già allo studio non mancano. In Europa, ad esempio, «è stata sviluppata un’applicazione per telefonia mobile per fornire informazioni sui rischi di ondate d’afa e d’inquinamento atmosferico nelle aree urbane». Ma di fronte alla portata delle sfide, si osserva ancora un ritardo negli investimenti necessari.