Il mondo dell'alta tecnologia è in fermento. Sono molti i passaggi di mano avvenuti in questi mesi. Ora in Cina la Lenovo, che è in forte fase di espansione sui mercati mondiali, ha deciso di acquisire un grosso stabilimento dell'Ibm. Ma ha sollevato le preoccupazioni dei lavoratori, sempre più organizzati dal punto di vista sindacale anche in quel Paese rispetto al passato.
Così oltre 1.000 operai dell'impianto della Ibm di Shenzhen, nella provincia meridionale cinese del Guangdong, sono in sciopero da quattro giorni per protestare
contro la imminente acquisizione da parte della Lenovo Group
Ltd, in base ad un accordo del valore di 2,3 miliardi di
dollari.
In rete sono apparsi numerosi video o immagini che
ritraggono gli operai all'esterno della fabbrica issando
striscioni e cantando slogan.
Non sono del tutto chiari i motivi
dello sciopero ma in base a quanto si legge in alcuni post
sull'argomento apparsi su sina weibo, il twitter cinese, sembra
che gli operai temano che con il passaggio alla Lenovo la loro
situazione lavorativa possa mutare in peggio, con un ribasso
degli stipendi e condizioni di lavoro più sfavorevoli.
Un portavoce della Ibm ha fatto sapere che tutti gli operai possono
scegliere tra il rimanere al lavoro o andarsene e, in questo
secondo caso, riceveranno un "adeguato pacchetto di fine
rapporto".
Un utente su weibo ha scritto in un post che gli
operai hanno tempo fino al 12 marzo per comunicare le proprie
decisioni e che, in caso di dimissioni anticipate entro oggi, 7
marzo il "pacchetto" prevederebbe un bonus di 6.000 yuan
(circa 700 euro).
Negli ultimi anni le proteste e gli scioperi
nelle fabbriche in Cina sono notevolmente aumentati. Secondo un
recente rapporto del China Labor Bullettin, dalla metà del 2011
alla fine del 2013 si sono verificati nel paese 1171 tra
scioperi e proteste varie da parte dei lavoratori. Il rapporto
ha anche aggiunto che in un quinto di questi casi la polizia è
intervenuta, in alcuni casi picchiando o arrestando i
manifestanti.