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Coronavirus. La sorveglianza cinese alla prova del virus

Luca Miele giovedì 13 febbraio 2020

Prendete quella che è stata definita una “controllocrazia”, il più grande e capillare sistema di sorveglianza di un’intera popolazione (e che popolazione, 1,4 miliardi di cittadini). Prendete poi, una misteriosa infezione che ha causato la morte di oltre 1.300 persone e ne ha contagiate altre 60mila. Prendete questi due fattori, agitateli con forza, e avrete il più grande dilemma della storia contemporanea. La società cinese sarà ancora più controllata di quanto lo sia già oggi? L’esplosione del coronavirus, paradossalmente, affinerà le tecniche di controllo ? O, al contrario, innescherà pratiche di resistenza, di critica, di opposizione al regime, disegnando un futuro diverso? Si tratta dello stesso dilemma che ha investito l'Occidente (e gli Usa in particolare), dopo l'Undici settembre. Allora la paura del terrorismo servì per barattare una maggiore sicurezza con una minore privacy. Oggi in Cina lo "scambio" è tra salute e privacy.

L’affondo arriva sul South China Morning Post. Una dato cattura questa collisione. Prima delle vacanze del Capodanno cinese, più di cinque milioni di persone hanno lasciato Wuhan - la megalopoli da undici milioni di abitanti da cui è scoppiata l’epidemia -: ebbene le autorità cinesi sono state in grado di tracciare la posizione di ciascun “vacanziere” attraverso le reti dei cellulari, per il semplice fatto che (quasi) tutti i viaggiatori cinesi adulti hanno uno smartphone. Nulla sembra poter sfuggire al grande occhio del controllo. A Shantou, nella provincia del Guangdong, vengono utilizzati i droni per individuare le persone senza maschere per le strade.

“Quasi tutto ciò che fa un cittadino al giorno d'oggi – scrive il giornale di Hong Kong -, che si tratti di effettuare un pagamento con un telefono cellulare in un negozio di alimentari, fare un viaggio in un treno ad alta velocità, una visita in ospedale, condividere una foto sui social media o semplicemente camminare sul marciapiede, lascia una traccia che finisce in banche dati gestite o supervisionate dal governo. Negli ultimi anni, aiutato da alcune delle più grandi società di tecnologia dell'informazione al mondo e dal rapido sviluppo di tecnologie all'avanguardia come l'analisi dei big data e l'intelligenza artificiale, il governo cinese ha creato una delle reti di sorveglianza di massa più avanzate al mondo, capace di monitorare le attività quotidiane di 1,4 miliardi di cittadini”. Dentro questo scenario da Grande Fratello è esploso il caso del coronavirus. Con quale impatto? E quali conseguenze?
“La tecnologia di riconoscimento facciale esistente può identificare un cittadino in pochi secondi con una precisione superiore al 99,9 per cento. Grazie all'Intelligenza artificiale, le città cinesi sono tra le più sicure al mondo. La tecnologia ha aiutato Pechino a risolvere il 100% dei casi di omicidio commessi durante e dopo il 2015, secondo le statistiche ufficiali. Ma le mascherine, indossate per evitare i contagi, possono ridurre la precisione dei riconoscimenti fino al 30%, nascondendo molte caratteristiche del viso”.

Oggi la controllocrazia cinese si adopera per vietare ogni manifestazione di dissenso, così come per scovare le persone che provano a sfuggire, ad esempio, alla quarantena o all’obbligo di indossare una mascherina. Non mancano le falle. Il primo caso di coronavirus è apparso a Wuhan il 1 ° dicembre 2019 e, già a metà del mese, le autorità cinesi avevano prove che il virus poteva essere trasmesso tra gli umani. Tuttavia, il governo non ha riconosciuto ufficialmente l'epidemia fino al 20 gennaio. Suscitando rabbia e malessere tra i cittadini. Una cosa è certa. La “controllocrazia” cinese è a un bivio. E nulla fa pensare, che dal tunnel della crisi coronavirus, uscirà indebolita.