L'ULTIMA FRONTIERA. Cina, la sfida va in orbita Via alla stazione spaziale
La Cina va nello spazio. Oggi, poco dopo le 21 locali (le 14 in Italia), la Cina lancerà dalla base di Jiuquan, nel deserto del Gobi, il prototipo della sua prima stazione spaziale denominata Tiangong- 1 (Palazzo celeste- 1). A metterla in orbita con le sue otto tonnellate di peso, l’ultima versione del Lunga Marcia, il razzo che per i cinesi è sinonimo di conquista dello spazio, la 2FT1. Nella navicella, senza uomini a bordo, si terranno esperimenti che serviranno in previsione della futura messa in orbita di una stazione spaziale permanente, piattaforma per ulteriori esplorazioni spaziali.
La prova del fuoco per l’insieme dell’esperimento sarà l’aggancio con una navicella Shenzhou, che sarà lanciata tra qualche settimana. «Scopo principale della missione del Tiangong-1 è tentare l’avvicinamento e l’aggancio tra i due navi spaziali», ha confermato un portavoce cinese, aggiungendo che questo servirà «ad accumulare esperienza nello sviluppo di una stazione spaziale». Non a caso per il suo avvio è stata scelta una data celebrativa, a due giorni dalle celebrazioni del 62° anniversario della fondazione della Repubblica popolare cinese. Comunque andranno le cose, quello di oggi non è un evento vuoto di senso e di prospettive. La Tiangong-1 inaugura infatti una nuova fase della corsa cinese allo spazio.
Una corsa che è destinata a proseguire e – se non interverranno fattori al momento imponderabile – a sopravanzare di slancio ogni altro blasonato protagonista dell’avventura umana nello spazio. Certamente un passo essenziale per avvicinare ulteriormente la nuova potenza emergente a Stati Uniti e Russia nel campo delle stazioni permanenti orbitali, avamposti per ulteriori sviluppi dell’esplorazione extraterrestre. La Cina, i cui capitali drenati nell’immensità della sua geografa e delle sue ri- sorse, nell’aggressività dei suoi investimenti e del suo export ma anche tra le pieghe del suo sviluppo negato ancora a oltre metà della popolazione e di tutele sconosciute ai più, ha oggi una nuova frontiera verso cui indirizzare nazionalismo, consenso e capitali. Terzo Paese ad avere mandato uomini nello spazio, nel 2003 e nel 2005, la Cina ha lanciato due missioni orbitali verso la Luna nel 2007 e nel 2010 e proprio il nostro satellite sembra essere la sua meta più prossima, associata o disgiunta, non è ancora chiaro, dalla base permanente in orbita terrestre.
L’atterraggio di un’astronave senza pilota con il parcheggio di un veicolo sul suolo lunare nel 2012 e una missione per raccogliere campioni dalla superficie entro il 2017 dovrebbe precedere una missione umana sul nostro satellite tra il 2020 e il 2025. Il rilancio appena annunciato dalla Nasa delle missioni umane verso la Luna attorno al 2020, ma anche verso gli Asteroidi e Marte entro il 2030, che solleva enormi problemi di finanziamento, potrebbero servire da ulteriore stimolo alle ambizioni cinesi che non solo hanno il sostegno della leadership, ma anche una forte accettazione popolare. A dimostrazione della stagnazione della tecnologia aerospaziale di una Russia che ha deciso di abbandonare al momento attività con astronauti, è il fallimento, ieri, del lancio di un nuovo missile balistico intercontinentale, precipitato poco dopo il lancio dal cosmodromo russo di Plesetsk. Prestigio e ricadute scientifiche a parte, a inquietare i concorrenti sono anche le «potenziali applicazioni militari della tecnologia spaziale della potenza asiatica», dopo che nel gennaio 2007 un missile lanciato dal suolo cinese ha distrutto un satellite meteorologico in orbita.