La telefonata è arrivata nel cuore della notte mentre Zang Lizhao era fuori per lavoro. L’uomo si è precipitato a casa: sua moglie era stata portata in una clinica «per essere sterilizzata». «Ho supplicato – ha raccontato – i medici di attendere. Mi hanno risposto che non avrebbero aspettato un solo giorno». Zang, nonostante ciò che è accaduto, si ritiene fortunato: ha due figli, di 4 e 6 anni. Come altre 10mila persone è caduto nelle maglie rigidissime della pianificazione familiare cinese. Contea di Puning, provincia di Guangdong: una squadra di dottori – secondo quanto ha raccontato il
Times – sta passando al setaccio la regione per raggiungere l’obiettivo fissato dal governo, sterilizzare – con la forza se necessario – quasi 10mila tra uomini e donne. La loro colpa? Aver violato le politiche di controllo delle nascite, la legge in vigore dal 1979 per frenare la temuta crescita demografica. Le autorità locali sono pronte a ricorre ad ogni mezzo. Compreso quello di imprigionare i parenti, persino i genitori, di chi si sottrae alla campagna di sterilizzazione, partita lo scorso 7 aprile e destinata a protrarsi per almeno 20 giorni. Non solo: secondo il
The Southern Contryside Daily, circa 100 persone, per lo più anziani, sono stati rinchiusi in un centro di pianificazione familiare. Un funzionario addetto alla pianificazione ha detto al
Times global che «non è raro per le autorità adottare tattiche così dure». Alle coppie con figli “illegali” e ai loro parenti vengono rifiutati i permessi di costruire. I bambini “illegali” sono esclusi dalla registrazione di residenza, misura che nega loro l’accesso all’assistenza sanitaria e all’istruzione. Le sterilizzazioni forzate sono solo un tassello di una politica che ruota attorno alla diktat del figlio unico. La dove essa non vengono praticate, si ricorre all’aborto. Cifre spaventose: secondo i dati ufficiali forniti dagli ospedali cinesi, sarebbero 13 milioni gli aborti effettuati ogni anno. Alle statistiche ufficiali peraltro sfuggono le interruzione di gravidanza clandestine, praticate soprattutto nelle campagne. Pechino ha conteggiato qualcosa come 400 milioni di nascite impedite dal 1979, l’anno dell’entrata in vigore della legge. Una gigantesca macchina burocratica vigila sulla sua applicazione. Secondo di Harry Wu, fondatore della Laogai Research Foundation, la Commissione statale per la popolazione nazionale e la pianificazione familiare impiega 520mila dipendenti a tempo pieno e oltre 82 milioni a tempo parziale. Le autorità arrivano a decidere, sulla base di dati burocratici, quanti bambini possono nascere ogni anno in ogni zona. Una politica che ha prodotto uno sconvolgimento epocale della struttura sociale cinese, annichilendo la famiglia tradizionale, estesa, per sostituirla con una “cellulare”. Altrettanto dirompenti le conseguenze sociali. Per le Nazioni Unite nel 2050 il 30 per cento della popolazione cinese avrà 60 anni e gli “over 80” saranno circa 100 milioni. La popolazione di età compresa tra i 15 e i 64 anni diminuirà del 10 per cento. La Cina non ha un vero sistema di welfare: all’immensa quantità di anziani dovranno provvedere famiglie con un solo figlio.A questo si aggiunge la sperequazione esistente tra maschi e femmine, quest’ultime più spesso vittime degli aborti selettivi: secondo AsiaNews in Cina nascono circa 119 maschi per 100 femmine. Persino l’esercito non è immune da questo terremoto sociale. Nel 1998 Pechino ha ridotto a due anni la leva obbligatoria, proprio per limitare le pressioni su nuclei familiari sempre più fragili. Problema non da poco per la macchina bellica cinese: molti militari lasciano l’esercito per cercare impieghi più redditizi e mantenere così gli anziani genitori.