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Contro la polio. Caritas in prima linea a Gaza: «Siamo pronti a vaccinare»

Francesca Ghirardelli sabato 31 agosto 2024

Un centro di assistenza di Caritas Gerusalemme nella Striscia di Gaza

Le dosi saranno consegnate nei punti medici domani mattina, il personale appositamente preparato è pronto a entrare in azione, si comincia. «Settantacinque nostri operatori sui circa cento che abbiamo nella Striscia parteciperanno alle operazioni vaccinali. Noi partiamo con le due unità mediche ad Alberka e ad Abu Oraf, vicino a Deir al-Balah», spiega al telefono Anton Asfar, direttore di Caritas Gerusalemme.

Anche l’organizzazione cattolica, da tempo operativa a Gaza, è parte dell’impresa ad altissimo rischio che prende il via in queste ore. Di fronte al ritorno della poliomielite nell'enclave, con il primo caso in venticinque anni rilevato la scorsa settimana, anche la furia della guerra in corso verrà messa in pausa per qualche ora, per qualche giorno.

O almeno è quello che spera il direttore Asfar con tutti gli altri partner coinvolti. «I soggetti impegnati sono cinquantatré, tra cui una trentina di Ong internazionali e 17 nazionali, compresa la nostra, più cinque agenzie Onu e il ministero della Sanità palestinese. Insieme compongono il Cluster sanitario coordinato dall’Ufficio delle Nazioni Unite per gli affari umanitari Ocha. Dai depositi dell’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms) abbiamo ricevuto prima le forniture mediche necessarie, poi ci sono state consegnate le dosi di vaccino». L’Oms si è anche occupata del training specifico durato tre giorni per la formazione del personale che si occuperà della somministrazione. «Per noi ha partecipato la responsabile dell'assistenza infermieristica. Tutti e nove i nostri punti medici della Striscia saranno progressivamente operativi, distribuiti uno a Gaza City, due nel campo di Nuseirat, quattro a Deir al-Balah, due a Khan Yunis, con dodici team medici». Due i cicli vaccinali della campagna, 2.180 gli operatori complessivamente coinvolti nella somministrazione del nuovo vaccino orale antipolio di tipo 2 a più di 640.000 bambini di età inferiore ai dieci anni.

«Per informare le famiglie abbiamo fatto annunci nei nostri punti medici, preallertando le madri. La popolazione si fida di noi, siamo un’organizzazione nata dal basso, ben conosciuta, presente sul terreno da lungo tempo con servizi di assistenza sanitaria alle famiglie». E che in questi dieci mesi di guerra non ha mai lasciato la Striscia. «Ci siamo occupati di sanità di base e cura dei feriti, affrontando di continuo sempre lo stesso problema, quello delle carenze di farmaci e di equipaggiamento medico». Ora che le forniture mediche per condurre la campagna sono sul posto, è l’altra incognita, quella della sicurezza, a far trattenere il respiro. «Non c’è una tregua», tiene a sottolineare il direttore Asfar.

L’accordo tra esercito israeliano e Hamas riguarda infatti tre diverse “pause” nei combattimenti, divise per zone e della durata di tre giorni ciascuna (prolungabili a quattro). «Ci è stato già comunicato che la prima dovrebbe durare fino a mercoledì. Non si tratta di un cessate il fuoco ma nelle aree in cui lavorano gli operatori umanitari la promessa è quella di non attaccare, niente raid aerei. Ci muoveremo perciò con grande cautela, abbiamo già perso due componenti del nostro staff nel 2023», prosegue. «E d’altra parte quando nei mesi scorsi è stato dato l’annuncio dell’istituzione di zone umanitarie, è accaduto che durante il lavoro dei nostri team quelle aree siano state comunque bombardate. Un posto sicuro non c’è. Nella Striscia vediamo invece uno spazio in via di progressiva riduzione per l’attività di chi lavora nell’assistenza alla gente».

È questo livello di incertezza sempre troppo elevato a gravare sulla riuscita delle operazioni vaccinali. «A Gaza niente è chiaro, niente è permanente. Noi stessi, come staff dell’organizzazione, siamo in situazione di bisogno. Operavamo a Rafah e siamo stati evacuati. Alcuni di noi sono sfollati con le loro famiglie. Viviamo continue ansie e preoccupazioni su come muoverci, dove lavorare, come farlo e con chi». Sul secondo ciclo di vaccinazione, fra un mese, il direttore Asfar azzarda una sola parola: «Speriamo».