Africa. Morto Carlo Spagnolli, medico missionario che in Zimbabwe lottò contro l'Aids
Il medico missionario Carlo Spagnolli
Lo Zimbabwe lo aveva dovuto lasciare nel 2012, dopo un grave infarto per poi tornarci frequentemente fino al 2018. Da allora una grave cardiopatia, che domenica ha spento Carlo Spagnolli, gli aveva impedito di tornare nel suo ospedale. Nato a Roma nel 1949, figlio del senatore Giovanni Spagnolli, dopo la laurea in medicina all'Università cattolica di Roma, nel 1975 si era recato per la prima volta in Africa per svolgere il servizio civile.
L'Uganda la prima destinazione di questo medico missionario - un pioniere della cooperazione internazionale cattolica divenuto negli anni con la sua opera un punto di riferimento per i missionari laici - e dove sarebbe rimasto fino al 1989. Eritrea, Etiopia e Camerun le sue mete successive. Infine, nel 1996, Carlo Spagnolli inizia a lavorare in Zimbabwe, la sua seconda patria di una vita spesa per quasi 40 anni di Africa al servizio dei più deboli. Un'opera resa possibile anche dal sostegno di tanti amici del Trentino e in particolare della "Associazione Spagnolli Bazzoni" e di "Life Line Dolomites". In Africa aveva incontrato la moglie, Angelina Bugaru, infermiera caposala ugandese prematuramente scomparsa nel 2010. Carlo Spagnolli lascia tre figli: Francesco, Giovanni ed Elisa. In Uganda, a Gulu, dove come detto era giunto nel lontano '75 lavora con i coniugi Corti, nell'unico avamposto chirurgico della regione. Dopo importanti esperienze in Camerun, Eritrea ed Etiopia, approda in Zimbabwe dove, nell'ospedale Luisa Guidotti di Chinoy guida i reparti di chirurgia e ginecologia. La lotta all'Aids diventa il suo principale impegno, riuscendo ad aprire il "Villaggio San Marcellino" per i bambini orfani a causa dell'Aids, ma anche una scuola per infermiere e la "Casa della gioia Mariele Ventre" - dedicata alla famosa fondatrice dello Zecchino d'oro - per la riabilitazione di bambini affetti dall'Aids. Molto importante, in questi anni, pure il lavoro a sostegno delle donne attraverso un programma di cura con la nevirapina, il farmaco che impedisce il contagio ai nascituri. Degli ultimi anni della sua vita è pure l'amicizia e la collaborazione con la premio Nobel Rita Levi Montalcini, pure lei impegnato a sostenere la condizione femminile in Africa.
Domani alle 16 a Rovereto, nella parrocchia di Santa Maria del Carmine, i funerali.