Coronavirus. Caritas Internationalis all'Onu: il vaccino sia per tutti
Vaccinazione a Denpasar, Bali, in Indonesia
Intraprendere "azioni urgenti" per affrontare la pandemia del Covid-19 e la vaccinazione, affinché nessuno debba essere escluso. È quanto chiede Caritas Internationalis alle Nazioni Unite e alla comunità internazionale, in un appello congiunto firmato dal presidente, il cardinale Luis Antonio Tagle, il prefetto del Dicastero per la promozione dello Sviluppo umano integrale, cardinale Peter K.A.Turkson e dal Segretario generale di Caritas Internationalis, Aloysius John.
In particolare la confederazione delle Caritas sollecita "i decisori" e le Nazioni Unite a convocare una riunione del Consiglio di Sicurezza "per affrontare la questione dell'accesso ai vaccini in quanto problema di sicurezza globale con ferme decisioni politiche basate sul multilateralismo", intraprendere "la remissione del debito dei Paesi più poveri il più rapidamente possibile e utilizzare i fondi ottenuti per il potenziamento dei sistemi medici e sanitari di questi Paesi".
Nell'appello si chiede anche di "promuovere la produzione locale di vaccini in diversi poli tecnici in Africa, America Latina e Asia e renderli disponibili nei prossimi sei mesi affrontando la questione dei brevetti e della collaborazione a livello tecnico con le nazioni più povere", assegnare "un sostegno finanziario e tecnico alle organizzazioni locali della società civile, e alle organizzazioni religiose in particolare, per assicurare la preparazione della consapevolezza delle comunità locali e lo sviluppo delle capacità per prepararle ad avere accesso alle cure preventive".
Dall'anno scorso l'umanità, si legge nell'appello di Caritas Internationalis, "è scossa dalla paura e dall'incertezza a causa della diffusione del virus Covid-19, che ha portato alla luce la fragilità e la vulnerabilità dell'esistenza umana". Al fine di lottare contro la propagazione di questo virus, "la famiglia umana ha cercato di adattarsi a questa situazione inedita e impegnativa osservando il distanziamento e l'isolamento sociale, la chiusura delle frontiere e facendo un ricorso estensivo alla tecnologia digitale".
Quest'anno, i vaccini sono diventati disponibili, quindi, portando molta speranza, ma anche "un più ampio divario di disuguaglianze". Le nazioni ricche del Nord del mondo che hanno investito denaro nella produzione dei vaccini aspettano ora il ritorno del loro investimento. Si ritiene che il "miracolo" dei vaccini possa riaccendere la macchina globale. Questo "ha portato a una sorta di auto-focalizzazione del Nord, sfociata nel nazionalismo e nel protezionismo. Il Sud globale, dove vive la maggioranza dei poveri, è invece rimasto escluso".
Papa Francesco ha incoraggiato le persone a vaccinarsi perché è un modo di esercitare la propria responsabilità verso gli altri e il benessere collettivo. Ha ribadito la necessità di "vaccini per tutti, specialmente per i più vulnerabili e bisognosi di tutte le regioni del Pianeta. Al primo posto, i più vulnerabili e bisognosi!".
"Siamo in un momento cruciale - scrive Caritas Internationalis -, un'opportunità per vivere il miracolo della carità, affrontando insieme la sfida attuale. L'accesso ai vaccini nel mondo non è stato così equo come dovrebbe essere. È triste notare che non tutte le nazioni e coloro che vogliono o hanno bisogno del vaccino possono ottenerlo a causa di problemi di approvvigionamento, mentre nel nostro mondo interconnesso, i vaccini devono essere resi disponibili in modo equo. Poiché ogni vita è inviolabile, e nessuno deve essere lasciato fuori - sottolinea la confederazione -. I poveri, le minoranze, i rifugiati, gli emarginati sono i più esposti al virus. Prendersi cura di loro è una priorità morale perché abbandonarli mette a rischio loro e la comunità globale. Il nostro benessere collettivo dipende da come ci prendiamo cura degli ultimi".
Mentre affrontiamo un'emergenza globale, i leader politici "devono guardare oltre gli interessi delle loro nazioni e dei loro gruppi politici. Questa pandemia è un problema di sicurezza umana globale che minaccia l'intera famiglia umana. Affrontare la questione dei vaccini dalla prospettiva di una strategia nazionale ristretta potrebbe portare a un fallimento morale nel soddisfare i bisogni dei più vulnerabili in tutto il mondo".
L'attuale crisi dei vaccini, continua Caritas Internationalis, "deve essere considerata nel contesto più ampio della situazione sanitaria globale. Molte delle nazioni meno sviluppate mancano ancora di infrastrutture mediche di base e dei mezzi per conservare i vaccini. Inoltre, le persone che abitano in zone rurali lontane non sono sensibilizzate e sono esposte ad altre malattie infettive che rimangono prevalenti".
In tale contesto, la comunità internazionale dovrebbe avere "un approccio olistico e multilaterale per evitare il pericolo che la pandemia possa sfuggire di mano nel Sud del mondo, il che potrebbe portare di nuovo a una crisi umanitaria globale".
Il debito dei Paesi a basso reddito dovrebbe quindi "essere riconsiderato". La remissione del debito potrebbe "essere un mezzo per generare fondi per i diversi attori, in particolare per le organizzazioni religiose, per migliorare i servizi e le strutture mediche in questi Paesi". Il denaro destinato a pagare il debito di un Paese povero potrebbe, precisa Caritas Internationalis, "essere speso per rafforzare la sicurezza sanitaria". E anche la questione del brevetto dei vaccini "deve essere considerata con urgenza per identificare i centri di produzione localizzati in Africa, America Latina e Asia e accelerare l'accesso ai vaccini prima che sia troppo tardi. Coinvolgere gli attori locali, in particolare le organizzazioni basate sulla fede, è importante perché hanno le strutture di base e il contatto necessario con le persone più vulnerabili come i migranti, gli sfollati interni e gli emarginati".
L'appello di Caritas Internationalis arriva nello stesso giorno in cui il direttore generale dell'Oms Tedros Adhanom Ghebreyesus ha riferito, dalla sede di Ginevra, che "oltre tre quarti delle vaccinazioni sono avvenute in 10 Paesi che rappresentano il 60% del Pil mondiale", mentre al contrario "quasi 130 Paesi, con 2,5miliardi di persone, devono ancora somministrare la prima dose".
Tedros ha chiesto ai governi, "una volta che abbiano vaccinato gli operatori sanitari e gli anziani", di "condividere i vaccini in modo che altri Paesi possano fare lo stesso".I noltre, serve un "massiccio aumento della produzione" da parte delle aziende farmaceutiche, che dovrebbero "condividere i loro impianti", come ha fatto la Sanofi per supportare la produzione del vaccino Pfizer, ha aggiunto il capo dell'organismo Onu.