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La protesta. Caos in Bangladesh, l'esercito spara sui giovani manifestanti

Anna Maria Brogi sabato 20 luglio 2024

Soldati presidiano le strade di Dacca: il coprifuoco, entrato in vigore dalla mezzanotte tra venerdì e sabato, durerà fino a domenica mattina

Proiettili veri contro i dimostranti: almeno un ferito. Cresce la preoccupazione internazionale per la situazione in Bangladesh, dove i disordini scoppiati a seguito delle manifestazioni di protesta contro il governo hanno causato almeno 115 morti. Ieri sera, venerdì, il governo ha imposto il coprifuoco dalla mezzanotte fino alle 10 di domenica e ha schierato l'esercito. I dimostranti hanno sfidato la legge, tornando in strada. Sono stati respinti con le armi. Non è chiaro se ci siano nuove vittime. Oggi il Medical College Hospital di Dacca ha ricevuto 27 cadaveri, dopo che per cinque giorni la polizia ha lanciato gas lacrimogeni e granate stordenti.

Da giovedì le autorità hanno imposto un blackout di Internet a livello nazionale, che ostacola gravemente le comunicazioni all'interno del Paese e con l'estero. Anche le telefonate dall'estero sono difficoltose, mentre le organizzazioni non governative non riescono ad aggiornare i propri siti web e account social.

Gli spari di stamani, di cui è stato testimone un giornalista dell'agenzia Afp, hanno messo in fuga migliaia di persone radunatesi nel quartiere residenziale di Rampura, nella capitale Dacca. Finora gli scontri più violenti finora stati quelli di ieri, venerdì, nei quali sono rimasti feriti almeno 300 poliziotti: 150 sono ricoverati in ospedale. Il portavoce della polizia, Faruk Hossain, ha detto che gli agenti si sono scontrati con «centinaia di migliaia» di manifestanti.

All'alba le strade di Dacca, che è una megalopoli di 20 milioni di abitanti, apparivano pressoché deserte. Soldati a piedi e mezzi corazzati pattugliavano i quartieri.

Perché i giovani protestano contro il governo

All'origine della protesta c'è la reintroduzione di una legge, già in vigore in passato e poi sospesa, che riserva il 30 per cento degli impieghi nella pubblica amministrazione ai familiari dei reduci della guerra di indipendenza dal Pakistan del 1971. Una norma già contestata in passato, che avvantaggia i filo-governativi e che avrebbe conseguenze sociali esplosive in un Paese dove la disoccupazione tocca livelli record e la povertà dilaga. Il governo della premier Sheikh Hasina l'aveva abrogata nel 2018 ma un tribunale l'ha reintrodotta un mese fa. L'esecutivo ha presentato appello e la Corte Suprema ha sospeso l'entrata in vigore della norma, nell'attesa dell'udienza fissata per il 7 agosto.

A protestare sono soprattutto i giovani studenti, che non hanno alcuna prospettiva di trovare un lavoro e che da soli costituiscono quasi il 20% dei 170 milioni di abitanti.

Le accuse di Amnesty International a Dacca

La premier Hasina, rieletta quest'anno per il quarto mandato consecutivo, sarebbe dovuta partire per un tour internazionale con tappe in Spagna e in Brasile, ma ha annullato ogni impegno.

Il governo è accusato da gruppi per i diritti umani di aver abusato delle istituzioni statali per stabilire la propria presa sul potere e sradicare il dissenso, in particolare attraverso l'assassinio extragiudiziale di attivisti dell'opposizione. «L'aumento del numero delle vittime è una prova scioccante della totale intolleranza delle autorità del Bangladesh nei confronti delle proteste e del dissenso», ha dichiarato Babu Ram Pant di Amnesty International.