Libia. Bruxelles: «Tutti i Paesi rispettino l'embargo sulle armi»
Il premier Libico Fayez al-Sarraj
“Alla luce delle continue escalation in Libia, in particolare nei dintorni di Tripoli, l'Unione Europea ribadisce il suo appello a tutte le parti libiche affinché cessino tutte le azioni militari e riprendano il dialogo politico" e esorta tutti i "membri della comunità internazionale" a "osservare e rispettare l'embargo sulle armi delle Nazioni Unite". Lo scrive il portavoce della Commissione Ue per gli Affari esteri e la politica di sicurezza. "Non esiste una soluzione militare alla crisi in Libia. L'unico modo per risolverla deve essere politica, negoziata sulla base delle proposte recentemente avanzate dalle Nazioni Unite", spiega. "L'Ue sostiene fermamente gli sforzi del rappresentante speciale delle Nazioni Unite Ghassan Salamè e del processo di Berlino, in quanto unica via per il rilancio del processo politico libico e la ricostruzione di una Libia pacifica, stabile e sicura", aggiunge Stano. "Tutti i partecipanti al processo di Berlino dovrebbero impegnarsi in modo costruttivo a giungere a una soluzione pacifica del conflitto, che preservi la sovranità libica e sia negoziato nell'interesse di tutti i libici", insiste. Infine, "L'alto rappresentante dell'Ue per la politica estera e di sicurezza Josep Borrell, è impegnato a rafforzare gli sforzi diplomatici dell'Ue in questo senso e a continuare a contattare i partner internazionali". Nel Paese la situazione è sempre più drammatica. Nel 2019 almeno 284 civili sono morti e altri 363 sono rimasti feriti a seguito del conflitto armato, con un aumento di oltre un quarto del numero di vittime registrato nello stesso periodo dell'anno scorso. È l'allarme lanciato dall'Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani. "Siamo preoccupati per il deterioramento della situazione dei diritti umani in Libia, compreso l'impatto del conflitto in corso sui civili, attacchi contro difensori dei diritti umani e giornalisti, trattamento di migranti e rifugiati, condizioni di detenzione e impunità", si legge in una nota pubblicata dal portavoce Rupert Colville. "Tra gennaio e novembre, oltre 8.600 migranti sono stati intercettati in mare dalla Guardia costiera libica e riportati in Libia, che ovviamente non può essere considerato in nessun modo come un porto sicuro per lo sbarco".