Le voci di un accordo sulla formazione del governo fra conservatori e liberaldemocratici si sono volatilizzate nel primo pomeriggio. Malgrado l’incontro fra i negoziatori dei due partiti al mattino sia andato bene e Nick Clegg e David Cameron si siano telefonati prima di mezzogiorno, alle 5 è arrivata la zampata di Gordon Brown che ha annunciato le sue dimissioni da leader del partito entro l’annuale conferenza laburista in settembre e detto di cominciare le operazioni per scegliere il successore.Ma la sua non è certo un’uscita che resta contenuta nel giardino laburista. La dichiarazione rovescia le dinamiche politiche e tinteggia di nuovo lo scenario post elettorale. «Abbiamo un sistema parlamentare, non presidenziale, in questo Paese», ha esordito il premier ribadendo che il suo «dovere costituzionale è garantire la continuità di governo mentre gli altri partiti esplorano le opzioni per formare una nuova maggioranza con il sostegno della Camera dei Comuni».E fra i compiti del governo – ha ricordato Brown – c’è l’azione coordinata in Europa per allontanare le crisi finanziarie dall’eurozona. Brown ha detto che il cancelliere dello Scacchiere Alistair Darling ha incontrato i ministri delle Finanze a Bruxelles (domenica). Il premier ha anche rimarcato di aver fatto tutto «per formare un governo stabile, forte e basato sui principi, capace di affrontare efficacemente le sfide politiche ed economiche della Gran Bretagna». Così in un attimo i progressi che Tory e lib-dem hanno fatto in questi giorni sono rimasti bloccati. Il dialogo resta, la disponibilità di proseguire pure, meno la convinzione di arrivare in fondo. Perché comunque il segnale che i deputati liberal-democratici hanno mandato a Clegg è che «servono ulteriori chiarimenti». Le divergenze sulla riforma elettorale sono ampie, e man mano passano le ore quella della modifica del sistema di voto sembra diventare l’ostacolo più alto da superare. Il lib-dem David Laws ha ricordato che «la priorità deve essere la formazione di un governo solido e stabile nell’interesse nazionale e sottolineato che ci sono stati «eccellenti progressi» nel dialogo con i conservatori. Ma non basta più. L’offerta di Brown è gustosa per il palato dei liberal democratici che restano convinti che un’alleanza progressista (comprenderebbe i nazionalisti scozzesi e gallesi) con i laburisti sia la soluzione migliore per tirare fuori dalle secche elettorali una Gran Bretagna zavorrata dalla crisi economica. I conservatori, che in serata si sono incontrati con Cameron, hanno replicato offrendo ai lib-dem un referendum sul voto alternativo. L’Av prevede che i candidati vengano elencati in ordine di preferenza: chi supera il 50% dei consensi vince. Rompendo gli indugi, i Tory hanno proposto ai lib-dem una coalizione di governo e non più il sostegno esterno. Ma queste sono le ultime offerte, hanno fatto sapere. Prima dell’uscita del premier lo stesso Clegg aveva fatto trapelare che i lib-dem mentre ufficialmente trattano con i conservatori dietro le quinte starebbero facendo altrettanto con i laburisti. La
Bbc ha infatti rivelato che i negoziatori lib-dem (David Laws, Chris Huhne, Danny Alexander e Andrew Sturnell) nel fine settimana si sono incontrati in gran segreto con gli esponenti laburisti Peter Mandelson, Ed Miliband, Ed Balls e Andrew Adonis per discutere di un possibile accordo, che preveda però alla fine il siluramento di Gordon Brown. Dichiarando la sua disponibilità a farsi da parte e aprendo a un nuovo sistema di voto per la Camera dei Comuni e pure all’elezione per la Camera dei Lord, il premier, che ieri pomeriggio aveva visto Clegg anticipandogli la sua intenzione di farsi da parte, ha messo a soqquadro il panorama politico. E se i laburisti continuano a osservare l’avanzamento dei negoziati fra lib-dem e conservatori, da ieri, come hanno confermato Clegg e lo stesso Brown, «laburisti e liberaldemocratici tengono negoziati ufficiali».In soldoni significa che Clegg sta letteralmente giocando su due tavoli scegliendo l’offerta migliore. Che non necessariamente significa posti nel governo, quanto proprio quel sistema elettorale proporzionale che – secondo uno studio della Electoral Reform Society – con il 23% preso giovedì avrebbe assegnato 162 seggi ai lib-dem anziché i 57 ottenuti con il sistema maggioritario. Cameron lo sa. E proprio per non restare spiazzato è arrivata l’ultima offerta: il referendum. Ora toccherà a Clegg l’ultima parola.