IL GIGANTE CHE BRUCIA. Brasile, proteste in 388 città contro le disuguaglianze
Marcha do Vinagre, marcia dell’aceto. Così è stata battezzata l’immensa protesta di questi giorni in Brasile dopo che la polizia ha vietato l’uso dell’aceto, antidoto naturale ai gas lacrimogeni usati per disperdere la folla durante le proteste. Il bilancio delle manifestazioni di ieri, iniziate da un pugno di studenti del movimento Passe Livre e dilagate in tutto il Paese, non ha precedenti nella storia recente del Brasile: un milione di persone sono scese in piazza simultaneamente in 388 città (22 delle quali capitali) lasciando un bilancio di oltre un centinaio di feriti, alcuni dei quali gravi, e i primi due morti dopo 10 giorni di proteste consecutive. In molte metropoli si sono registrati scontri gravi fra manifestanti e polizia.
Una situazione che ha costretto la presidente Dilma Rousseff a registrare un messaggio televisivo diretto alla nazione, nella speranza di riportare la calma tra i manifestanti e scongiurare il pericolo di una instabilità fuori controllo.A Rio de Janeiro, fin dal tardo pomeriggio di ieri, oltre 300mila persone hanno percorso pacificamente la grande Avenida Presidente Vargas fino alla sede del Comune dove gruppi di radicali con il volto coperto hanno attaccato gli agenti di guardia. La risposta delle forze dell’ordine è stata immediata e il conflitto ha lasciato un saldo di 41 feriti tra cui un giornalista.A San Paolo, almeno 110mila manifestanti, hanno invaso la famosa Avenida Paulista in modo pacifico nonostante alcuni tafferugli isolati abbiano fatto registrare tre arresti e un ferito. A Brasilia alcuni gruppi di manifestanti si sono invece scagliati contro il palazzo del ministero degli Esteri, lanciando sassi e bottiglie contro le vetrate. A Ribeirão Preto, vicino a San Paolo, un giovane di 18 anni è rimasto ucciso da un’automobile che lo ha travolto nel tentativo di oltrepassare un blocco stradale. Una netturbina è stata stroncata invece da un malore durante gli incidenti a Belem. A Manaus, capitale dell’Amazonas, un ragazzo è stato invece accoltellato durante gli scontri di piazza.Il saldo delle proteste è stato pesante anche a Salvador, nello Stato della Bahia, dove almeno 20mila manifestanti, molti dei quali a volto coperto, hanno cercato di raggiungere lo stadio Fonte Nova armati di bastoni e pietre, stadio dove si sarebbe giocata la partita Nigeria-Uruguay per la Confederations Cup. Secondo la stampa brasiliana, la Fifa ha dato un ultimatum – poi smentito – al governo brasiliano perché fosse garantita la sicurezza del torneo. Per questo sembra che al centro della riunione d’emergenza convocata ieri mattina dalla presidente Dilma Rousseff ci fosse anche la necessità di rassicurare il personale della Fifa con cui già esistono molti attriti.
La preoccupazione principale del governo brasiliano resta tuttavia la visita del Papa durante la Gmg del mese prossimo. «Abbiamo una serie di complicazioni e preoccupazioni. Quello che sta accadendo potrebbe avere riflessi sulla Giornata mondiale della gioventù», ha detto Gilberto Carvalho, segretario generale della presidenza. Che ha tuttavia precisato: «Non si può dire che la Giornata trascorrerà in un clima simile a quello di questi giorni. Ma – ha avvertito – dobbiamo essere preparati». Carvalho ha anche espresso la preoccupazione della presidente Dilma Rousseff, ma ha concluso il suo intervento con parole di rassicurazione: «Siamo fiduciosi che supereremo tutti i problemi e che realizzeremo una Gmg che risponderà alla grande aspettativa generale». Lo stesso arcivescovo di Rio de Janeiro, Orani Tempesta, presidente del comitato organizzatore della Gmg, dopo un incontro con le autorità brasiliane ha assicurato «che le manifestazioni non metteranno a rischio il pieno svolgimento della Giornata».
Le proteste sono scoppiate la settimana scorsa per un aumento delle tariffe dei trasporti pubblici, poi annullato da molti governi locali. Ma centinaia di migliaia di manifestanti sono scesi in piazza contro un governo che nonostante il miracolo economico non riesce ancora a garantire a tutti servizi essenziali, dalla sanità all’istruzione.