Brasile. Lula comincia l'anno tornando in sella: minacce e giuramento blindato
Il presidente Lula alla vigilia del giuramento
La parola d’ordine è «futuro». Il presidente Luiz Inácio Lula da Silva l’ha scelta come slogan per il terzo governo. E al futuro è dedicato anche il festival culturale che il “suo” Partido dos trabalhadores (Pt) ha organizzato nell’ambito della cerimonia di insediamento, in programma domani a Brasilia. Eppure è il passato a dominare i discorsi politici, dentro e fuori il Brasile. Il passato recente. Quell’era di polarizzazione estrema che ha caratterizzato il mandato di Jair Bolsonaro. I suoi sostenitori sono stati per mesi accampati di fronte al quartier generale dell’esercito di Brasilia, non lontano dalla piazza dei Tre Poteri, dove si svolgerà il giuramento presidenziale. Come il loro leader – che solo ieri ha fatto un timido dietrofront, rifiutano di riconoscere la vittoria di Lula e chiedono, senza molto successo, alle forze armate di impedirne l’entrata in carica. Dopo settimane di tira e molla, ora la polizia militare ha ultimato lo sgombero. Nel frattempo, lo zoccolo duro bolsonarista, stizzito dalla mancata risposta di soldati e generali, è passato alle “maniere forti”. La vigilia di Natale, uno dei frequentatori del presidio, George Washington Sousa, ha cercato di far esplodere una bomba artigianale vicino all’aeroporto internazionale della capitale nell’intento – ha spiegato dopo l’arresto – di scatenare il caos e spingere l’esercito a intervenire. Due giorni fa, i giudici hanno emesso 32 ordini di cattura contro presunti responsabili degli atti vandalici perpetrati nella capitale il 12 dicembre. Finora sono state quattro persone. Ma le ricerche vanno avanti. Come pure il maxi-dispiegamento di forze: la squadra del leader eletto è determinata a evitare incidenti durante la “posse”, come i brasiliani chiamano l’insediamento. Il neo-ministro della Giustizia, Flavio Dino, ha voluto lo schieramento di un corpo speciale di 8mila agenti statali che affiancherà la polizia stradale. La piazza dei Tre Poteri e la limitrofa Spianata dei ministeri – il punto in cui si concentrano le principali istituzioni brasiliane – è chiusa da ieri in modo da essere passata al setaccio degli sminatori. Il 100 per cento dei poliziotti locali sono stati mobilitati «per garantire la sicurezza del presidente e dei partecipanti». Si attendono 300mila persone e 65 leader internazionali. Solo 30mila, però, avranno accesso alla Spianata. Come Lula vi arriverà è ancora in forse. La tradizionale Rolls Royce cabrio potrebbe essere sostituita da un’auto blindata per non correre rischi. La grande incognita, però, è chi gli consegnerà la fascia presidenziale. Il predecessore – al quale di norma spetterebbe – ha già detto che non lo farà. Sarà l’undicesima volta da quando il simbolo del potere esecutivo è stato creato, nel 1910. Nemmeno il vice, Hamilton Mourão parteciperà alla cerimonia. Restano i capi di Camera e Senato ma il dubbio rimarrà fino all’ultimo. Il clima politico avvelenato potrebbero rendere meno festosa la “posse” rispetto a vent’anni fa quando l’emblema del centro-sinistra latinoamericano è arrivato al potere la prima volta. Anche se la commozione generale per la morte del “re” del calcio Pelé – il cui funerale avverrà il giorno dopo l’insediamento, al termine dei tre giorni di lutto nazionale – ha contribuito ad allentare le tensioni. Il protagonista oltretutto non sembra preoccuparsene troppo. I suoi occhi sono puntati a quanto accadrà a partire da lunedì. Il nuovo corso si profila denso di sfide. A partire da quella, urgente, di riconciliare la nazione spaccata, Lula vinto per poco più di due milioni di preferenze. Il neo-eletto ne è consapevole, come ha dimostrato il tono conciliante adottato negli ultimi due mesi. Il grande nodo è, poi, quello economico. Le politiche neoliberiste di Bolsonaro hanno indebolito lo stato sociale e le tutele per i lavoratori. Al contempo, la povertà è cresciuta, fino a toccare un brasiliano su tre. Lottare contro fame, miseria e diseguaglianze attraverso una politica economica inclusiva è la priorità dell’agenda del governo entrante. Accanto – è questa è la più significativa novità del Lula-tris – alla tutela dell’ambiente, in particolare l’Amazzonia dove la deforestazione ha raggiunto livelli allarmanti. Una cesura netta con il bolsonarismo che si riflette anche nella scelta dei 37 ministri, annunciati questa settimana.
Per la prima volta, nella squadra ci sono undici donne, un record per il Brasile. Una di loro, l’attivista indigena Sonia Guajajara, guiderà l’inedito dicastero per i Popoli originari. Mentre all’Ambiente è tornata Marina Silva, ecologista tra le più note in ambito latinoamericano. Al fine di aggiudicarsi un faticoso 51 per cento alla Camera e 55 per cento in Senato –, Lula ha assegnato otto ministeri ai partiti conservatori e centristi, solo due in meno rispetto al Pt, seppure quest’ultimo ha mantenuto settori chiave, come Economia, Difesa e Giustizia. Proprio il rapporto con il Congresso di profila fonte di non poche tensioni. Vent’anni e 584 giorni di carcere dopo, però, l’ex sindacalista e operaio non ha perso l’ottimismo del primo ingresso a Planalto. «Nessuno è più consapevole di me delle difficoltà del Brasile. Ma nessuno è più convinto che lo aiuteremo», aveva detto allora. Parole simili a quelle pronunciate alla vigilia del giuramento: «Molto di quel che abbiamo fatto è stato distrutto. Ma ricostruiremo da capo con molta più competenza, volontà e impegn