Turchia. Erdogan trasforma in moschea un'altra chiesa dopo Santa Sofia
San Salvatore in Chora sorge nel distretto occidentale di Istanbul, detto Edirnekapı
Erdogan raddoppia. Dopo aver decretato che Santa Sofia a Istanbul, prima chiesa bizantina, poi moschea e quindi museo, tornasse ad essere luogo di culto islamico, la Turchia ha emesso un nuovo decreto presidenziale che trasforma San Salvatore in Chora, già chiesa bizantina e diventata Museo Kariye dopo la Seconda guerra mondiale, in una moschea. L'edifico sorge nel distretto occidentale di Istanbul, detto Edirnekapı.
Un affresco raffigurante Cristo in gloria - Wikipedia Commons / Aldo Ardetti
Ancora un duro colpo all’eredità storica e culturale della Turchia e a quel che resta dello Stato laico fondato da Mustafa Kemal Ataturk poco meno di 100 anni fa. Da ieri, l’ex chiesa di San Salvatore in Chora a Istanbul, meglio nota in Turchia come Kariye Camii, è stata convertita in moschea con una disposizione a firma del capo dello Stato Recep Tayyip Erdogan e pubblicata sulla Gazzetta ufficiale turca. Stando a quanto riportano i quotidiani, la decisione del tribunale amministrativo di convertire in luogo di culto islamico quello che fino a ieri era un museo, risale allo scorso novembre 2019.
Un caso che ricorda sotto molti aspetti quello di Santa Sofia, tornata moschea dopo una parentesi di quasi un secolo in museo, lo scorso 24 luglio. Un fatto dal grande valore simbolico, opportunamente utilizzato dal presidente turco Erdogan come arma di propaganda politica. Anche San Salvatore in Chora, infatti, era stata trasformata in sede espositiva in età repubblicana ed è sotto la tutela dell’Unesco che, anche in questo caso, non è stata interpellata dal governo di Ankara, nonostante il fatto che proprio dall’istituzione di Parigi arrivino i fondi per il mantenimento della struttura.
Esonartece: mosaico raffigurante Cristo - Wikipedia Commons / Giovanni Dall'Orto
A differenza del tempio della Divina Sapienza, però, San Salvatore in Chora ha dimensioni e portata simbolica più modesta, ma rappresenta un autentico scrigno, contenente le testimonianze di affreschi e musive fra le più preziose dell’arte bizantina. Le sue fondamenta risalgono al IV secolo D.C. le opere che contiene sono un esempio della cosiddetta “rinascenza paleologa”, un periodo di notevole fioritura artistica e iconografica prima della caduta di Costantinopoli per mano degli Ottomani nel 1453.
Una parte delle sue opere d’arte andò persa già nella seconda metà del XV secolo, quando il corpo centrale della chiesa fu completamente spogliato di affreschi e mosaici per consentire ai fedeli musulmani di pregarvi dentro. Furono conservati solo quelli nell’esonartece, nel nartece e nella galleria laterale. Opere di importanza fondamentale, riprodotte su tutti i libri di storia dell’arte e che da ieri potranno essere visitate solo con limitazioni imposte dalla Diyanet, l’Autorità per gli affari religiosi, che però non ha ancora reso note le linee guida per i turisti. Di sicuro, ci sarà una limitazione temporale.
L’ex chiesa sarà accessibile solo al di fuori degli orari della preghiera.
Rimane però il dubbio su come verranno coperte, senza arrecarvi danno, le superfici musive e di affreschi che hanno un’ampiezza ben maggiore rispetto a quella di Santa Sofia. La Kariye Camii, poi, sorge nel quartiere di Fatih, uno dei più religiosi della città. Un dato che suggerisce una particolare attenzione a tutto ciò che non è halal, quindi in linea con i dettami dell’islam.
Parecclesion (cappella funeraria): cupola con affreschi bizantini - Wikipedia Commons / Giovanni Dall'Orto