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Canada. Bimbi indigeni maltrattati: l'arcidiocesi di Toronto reagisce

Elena Molinari, New York mercoledì 21 luglio 2021

Una immagine del Centro nazionale per la verità e la riconciliazione dell'Università di Manitoba mostra un raduno di alunni alla scuola residenziale indiana Kamloops nella British Columbia nel 1937

Progetti educativi rivolti al clero e ai fedeli sulla «tragica eredità delle scuole residenziali», supporto spirituale per i sopravvissuti e le loro famiglie e una campagna finanziaria per «sostenere gli sforzi di guarigione e riconciliazione in corso». Sono le tre iniziative decise dall’arcidiocesi di Toronto per rispondere alla sofferenza causata dalle scuole per l’assimilazione forzata degli autoctoni volute dal governo canadese. «Sebbene l’arcidiocesi non gestisse scuole residenziali – si legge in un comunicato –, abbiamo la responsabilità di intraprendere passi genuini e significativi per aiutare a guarire il trauma vissuto».

La priorità numero uno è dunque di educare clero e fedeli «al continuo impatto dei pensionati sulle popolazioni indigene, per sviluppare una maggiore comprensione e apprezzamento della spiritualità indigena». L’arcidiocesi ha inoltre formato «circoli di guarigione, consulenza personale o di gruppo, sessioni di ascolto, momenti di preghiera, servizi di riconciliazione». Infine il sostegno finanziario con una campagna di raccolta fondi.

In Canada dopo lo choc per la scoperta
delle centinaia di vittime
degli istituti per l’assimiliazione forzata
delle comunità autoctone
cresce l’impegno delle Chiese locali
a sostegno degli sforzi
di guarigione e di riconciliazione

L’arcidiocesi si impegna inoltre ad approfondire il ruolo della Chiesa cattolica nella gestione delle scuole residenziali e ripete le parole dei Missionari Oblati di Maria Immacolata, che hanno gestito la “Kamloops Indian Residential School”, dove sono stati ritrovati i resti di 215 studenti: «Ci scusiamo per l’esistenza delle scuole stesse, riconoscendo che il più grande abuso è che siano esistite. Ci scusiamo in modo molto particolare per i casi di abuso fisico e sessuale che si sono verificati in quelle scuole. Lungi dal tentare di difendere o razionalizzare questi casi, desideriamo affermare pubblicamente che erano imperdonabili, intollerabili e un tradimento della fiducia in una delle sue forme più gravi. Ci scusiamo profondamente e in modo specifico con ogni vittima e cerchiamo aiuto nella ricerca di mezzi per portare alla guarigione».

Intanto si svolgerà dal 17 al 20 dicembre prossimi la visita in Vaticano di una delegazione delle popolazioni indigene del Canada, per incontrare papa Francesco. La Conferenza episcopale canadese informa che della delegazione farà parte «un gruppo di anziani/custodi della conoscenza, sopravvissuti alle scuole residenziali, e di giovani provenienti da tutto il Paese». I vescovi di Ottawa riaffermano anche la loro «sincera speranza che questi prossimi incontri portino ad un futuro condiviso di pace e di armonia tra i popoli indigeni e la Chiesa cattolica in Canada».

La preparazione di una visita in Vaticano da parte di popoli nativi era stata annunciata a giugno, quando i vescovi avevano spiegato che l’incontro era in preparazione «da oltre due anni» ma era stato sospeso a causa della pandemia. Ora il momento assume un valore ulteriore alla luce dei ritrovamenti, tra la fine di maggio e giugno, delle spoglie di quasi mille alunni delle scuole residenziali. Avvenimenti drammatici sui quali il Papa si è soffermato all’Angelus del 6 giugno, esprimendo tristezza e solidarietà per l’accaduto: «Le autorità politiche e religiose del Canada continuino a collaborare con determinazione per fare luce su quella triste vicenda e impegnarsi umilmente in un cammino di riconciliazione e guarigione – aveva detto Bergoglio –. Questi momenti difficili rappresentano un forte richiamo per tutti noi per allontanarci dal modello colonizzatore e camminare fianco a fianco nel dialogo e nel rispetto reciproco e nel riconoscimento dei diritti e dei valori culturali di tutte le figlie e i figli del Canada».