Intervista. Tajani (FI): «Basta con la Ue dei burocrati. Più vicini ai cittadini»
Antonio Tajani (Ansa)
Questo, per le istituzioni europee, dovrà essere l’anno dell’azione. Debbono tornare vicine ai cittadini, ai loro problemi concreti, altrimenti la disaffezione crescerà». Più volte commissario e attuale vicepresidente vicario del Parlamento europeo, l’esponente di Forza Italia Antonio Tajani è il candidato del Ppe alla presidenza. A suo parere, il 2017 sarà un «anno cruciale» per le malconce istituzioni dell’Unione.
Riuscirà l’Ue a scrollarsi di dosso la fredda immagine di "cabina di regia" di burocrati?
Deve provarci, pena la sua sopravvivenza. È un’immagine vera a metà, perché alcuni Paesi addossano a Bruxelles responsabilità loro. Tuttavia, l’approccio burocratico esiste. Ora Parlamento, Consiglio e Commissione hanno firmato una dichiarazione d’intenti per il 2017, in cui le priorità sono chiare.
Quali sono?
Sono sei: occupazione, crescita e investimenti; dimensione sociale; sicurezza; immigrazione; mercato digitale e cambiamenti climatici. Sono sfide vitali, da affrontare in modo concreto, senza retorica o spaccature.
Eppure, proprio sull’emergenza migranti, l’Ue balbetta, mentre in migliaia – 6.200 nel 2016 per Frontex – annegano in mare.
Non si può stare a guardare. Servono una riforma delle regole di Dublino sull’asilo, un pacchetto sulle migrazioni legali, ma soprattutto si deve lavorare al di là delle frontiere europee, per prevenire le partenze. Se per la crisi in Siria sono necessari corridoi umanitari, per i milioni di persone in Africa occorre un vero piano Marshall di investimenti, non pochi milioni di euro, con partnership industriali e commerciali...
Come si farà, se c’è ancora chi alza muri?
C’è un accordo a tre, firmato da Parlamento, Commissione e Consiglio, che riunisce gli Stati membri e che deve dimostrare di tener fede all’impegno. Gli accordi, senza volontà politica, restano pezzi di carta.
Il modello Schengen favorisce la mobilità dei terroristi? Chi colpisce a Berlino può fuggire in Italia...
Bisogna perfezionare Schengen, con frontiere "intelligenti" su cui si possa vigilare, senza limitare la mobilità. E urge condividere le informazioni fra le intelligence: con le gelosie non si prevengono attentati.
Si voterà in Germania, Francia, Olanda, forse pure in Italia. Exploit populisti incrinerebbero la tenuta dell’Unione?
Parlare contro i partiti populisti non serve più, l’Europa deve fare. Il malessere c’è, ignorarlo significa pagare un prezzo politico. Solo risolvendo i problemi dei cittadini, si tolgono argomenti a chi ripete che la Ue è inutile e va distrutta.
Quando sarà valutabile il punto di caduta del processo innescato dalla Brexit?
Ci sono due anni di tempo da quando si parte. Il Regno Unito resta un interlocutore importante, ma la Ue dovrà difendere i propri interessi. Spero che si finisca prima delle elezioni europee del 2019.
Con queste tensioni, non c’è il rischio che le celebrazioni del 60esimo anniversario dei Trattati siano una ricorrenza un po’ beffarda?
Per scongiurarlo, ripeto, la Ue deve fare, fare e fare. Impariamo dalla sapienza cinese: da loro, il termine "crisi" non è negativo, ma rappresenta un’opportunità.