Mondo

Medio Oriente. Arab Barghuti: «Dialogo, ma per ottenerlo serve la resistenza»

Nello Scavo, inviato a Ramallah venerdì 1 dicembre 2023

Arab Barghuti a Ramallah

Dicono che la barbetta scura e lo sguardo affilato lo facciano rassomigliare al giovane Yasser Arafat, quand’era uno studente davanti alle prime battaglie. Arab è il ragazzo che tutti cercano. L’erede che potrebbe imprimere una svolta al sistema di potere dell’Autorità nazionale palestinese, coniugando le battaglie del passato al rinnovamento che scriva le nuove regole della resistenza, affrancandosi dalla vecchia guardia ma senza ansie da rottamazione. Marwan Barghuti, suo padre, condannato a cinque ergastoli in Israele, è ancora indicato come l’unico in grado di poter unificare i palestinesi arginando gli estremisti. E Arab anche in giornate come queste non ha il timore di proferire alcune parole scomode: «Non escludere il dialogo con Israele» per una soluzione «che può essere solo politica, non militare. Ma non dipende da noi. Ci sono politici israeliani disposti a parlare con noi, ma l’attuale leadership lo esclude». Il padre non sembra avere chance di lasciare la prigione. Ora tocca ad Arab che a Ramallah, roccaforte dell’autorità palestinese, accetta di incontrare Avvenire, dopo quasi due anni di silenzio. E parla da un confortevole caffè dove si ritrovano giovani istruiti e la classe media della città, che si affrettano ad abbracciarlo.
Premessa: «Non parlo a nome di mio padre né di mia madre. Entrambi sono dei politici. Io no». Poi l’implicita presa di distanza da Hamas: «Mio padre Marwan è stato chiaro: lasciare i civili fuori dalla partita». E per partita intende «la nostra lotta di resistenza, per la nostra libertà e per i nostri diritti».

Lei parla di «resistenza», ma quello che abbiamo visto è stato il massacro di Hamas contro civili inermi e altri in ostaggio. E’ “resistenza”?

Faccio una premessa: senza la resistenza non abbiamo ottenuto nulla nella storia palestinese. Ditemi una cosa che ci hanno dato senza resistenza. Niente, nemmeno gli accordi di Oslo, poi traditi.

E questo giustifica Hamas?

Quello che sappiamo è che militanti palestinesi sono entrati in Israele e hanno fatto quello che abbiamo visto. E questi uomini sono i diretti discendenti di altri uomini arrestati, uccisi, spariti. Parliamo di gente che ha già perso tutto e non ha più nulla da perdere e abbiamo imparato nel corso della storia che quando non si ha nulla da perdere, le persone diventano disperate. E faranno cose che nessuno si aspetta che facciano.

Hamas ha trucidato e sequestrato civili. Non è stato uno scontro tra combattenti...

Per essere molto chiari: personalmente sono contrario all’uccisione di civili. Non lo giustifico affatto. Non è giustificabile uccidere un civile israeliano o palestinese, o qualunque esso sia. Mio padre dice sempre: ogni volta che si fa un’operazione i civili devono essere lasciati fuori. I civili vanno esclusi. Ma i media occidentali fanno sembrare che tutto ciò che accade sia iniziato il 7 ottobre, e non è vero, il 7 ottobre è una conseguenza del nostro problema principale. La Cisgiordania è sottoposta a un’apartheid. Se volete visitare le nostre città, ovunque andrete vedrete gli insediamenti. A me non è permesso andare in certe strade, ma se siete ebrei o internazionali potete percorrerle, invece chi è nato e abita qui non può, anche se le nostre famiglie vivono qui da migliaia di anni.

La Cisgiordania ha un problema di democrazia? Non si tengono, lei cosa propone?

Sono 15 anni che non andiamo a votare e Muhammad Abbas (Abu Mazen) ha quasi 90 anni. Mio padre è in disaccordo con lui. E anche io penso che le elezioni sarebbero un momento positivo perché portano una nuova generazione a confrontarsi con la responsabilità. Non si tratta solo del presidente, il presidente è solo una posizione, una persona. Si tratta anche delle amministrazioni locali.

Forse Abu Mazen teme di perdere e concedere il controllo agli estremisti?

Ma in quale democrazia si bloccano per 15 anni le elezioni temendo un risultato sfavorevole? Così semmai si peggiorano le cose.

Per la Giustizia israeliana suo padre è un terrorista che guidando il braccio armato di Fatah, all’epoca di Arafat, ha guidato attentati e stragi.

Mio padre è un uomo arrestato e giudicato da un Paese straniero. Continuano a dire di lui che è un un terrorista. Ma non è così, è una persona che credeva nella pace e che quando ha visto che non c’era speranza di arrivare alla pace, come tutti gli altri popoli che sono esistiti nella storia, ha scelto la resistenza contro l’oppressione. E’ un uomo ossessionato dall'istruzione, parla correntemente l'ebraico, l'inglese e l'arabo ed è una persona molto diversa da come Israele vuole rappresentarla. Anche se in Israele sanno che lui da insegnate ha fatto laureare centinaia di persone all’Università di Gerusalemme e hanno dovuto riconoscere la legittimità del suo insegnamento e la validità della sua firma sulle lauree.

E chi è per lei suo padre Marwan?

Un uomo che sapeva cosa voleva dalla vita. Quando uscì di prigione la prima volta si fidanzò con mia madre, era il ‘78. Le disse che dovevano essere molto chiari l'uno con l'altra: Non vivremo mai una vita normale perché io sono un politico e un organizzatore di politici e la Palestina a un politico offre tre possibilità: o vai in prigione o vieni ucciso o vieni corrotto. Mio padre è stato un grande sostenitore dell'Accordo di Oslo. Lavorava con Arafat. Era il segretario generale del partito in Cisgiordania. Ma gli israeliani non si sono impegnati a rispettare nessuno dei termini concordati: gli insediamenti dei coloni in terra palestinese si sono moltiplicati, hanno aggiunto checkpoint dei militari. Nulla migliora e non c'è speranza per uno Stato Palestinese. Mio padre ha capito che siamo stati presi in giro dagli israeliani e dagli americani.

Crede vi sia qualche possibilità di vederlo scarcerato?

Abbiamo una speranza, anche se è difficile avere questa speranza in giorni come questo.

Arab Barghuti a Ramallah - VINCENZO CIRCOSTA©

Chi è Arab Barghuti? Che intenzioni ha?

Sono nato nel 1990. Ho studiato nelle scuole cristiane. Sono un imprenditore che viaggia molto, anche in Italia. Diciamo che io rappresento le nuove generazioni palestinesi, quella generazione giovane che ha vissuto tutta la vita sotto l’occupazione. Penso che ci siano alcuni politici israeliani che sono pronti a parlare con i palestinesi, ma il problema è che ultimi 20 anni Israele è andata sempre più a destra e noi resta solo reimmaginare la resistenza.