Balcani. Ecco perché lo stato della Macedonia cambia nome
Il 20 giugno il Parlamento macedone ha ratificato l'accordo con la Grecia sul cambio del nome. A favore hanno votato 69 deputati su 120, non ha partecipato l'opposizione conservatrice. In autunno l'accordo sarà sottoposto a referendum. A questo punto Skopje dovrebbe ottenere la data di avvio del negoziato di adesione all'Unione Europea dal vertice Ue di fine giugno e l'invito all'ingresso nella Nato, probabilmente al vertice dell'Alleanza dell'11 e 12 luglio.
Probabile che molti continueranno a chiamarlo Macedonia, lo stato continentale dei Balcani incastonato fra Grecia, Albania, Kosovo, Serbia e Bulgaria. Ma il suo nome sta per cambiare in Macedonia del Nord, per distinguerlo dalla regione della Macedonia appartenente alla Grecia e che si trova appena oltreconfine.
Il fatto è che, come succede in altre aree del mondo (si pensi alla provincia cinese della Mongolia Interna confinante con la Mongolia), la regione geografica della Macedonia era divisa, politicamente, fra due stati: la ex Jugoslavia e la Grecia. Al termine della guerra dei Balcani, con la nascita delle repubbliche balcaniche dalle ceneri della federazione jugoslava, quel nuovo stato assunse il nome di Macedonia «provvisoriamente», a causa dell'omonimia con la contigua regione greca.
La situazione è rimasta in sospeso per quasi trent'anni, con rivendicazioni e minacce da entrambe le parti. Al termine di un'estenuante trattativa, finalmente si è raggiunto il compromesso: Skopje sarà capitale della Repubblica di Macedonia del Nord.
Domenica c'è stata la firma dell'accordo, già definito storico, che dovrà essere ratificato dai rispettivi parlamenti e nello stato macedone anche da un referendum popolare. Un doppio Sì garantirebbe il via libera di Atene alle richieste di Skopje di entrare a far parte dell'Unione Europea e della Nato.
In entrambi gli Stati non mancano però gli oppositori, nazionalisti conservatori pronti a inscenare manifestazioni di protesta. Nel giorno della firma si sono registrati, sul versante greco, scontri tra dimostranti e polizia, con 14 feriti. In Grecia oltre il 70% della popolazione è contrario all'uso del termine Macedonia nel nuovo nome del Paese vicino.
D'altra parte lo stesso presidente macedone, il conservatore Gjorgje Ivanov, ha detto più volte che non intende firmare la legge di ratifica del Parlamento, sostenendo che il cambio di nome è incostituzionale e dannoso.
La cerimonia ufficiale, nella quale Skopje e Atene hanno anche sottoscritto un accordo di collaborazione, si è svolta ieri a Psaridis, sul versante greco del lago di Prespa, al confine fra i due Paesi. Successivamente le delegazioni si sono spostate in battello a Oteshevo, sulla sponda macedone, dove un pranzo ufficiale ha siglato la nuova amicizia.
A firmare l'accordo sono stati i due ministri degli Esteri, il macedone Nikola Dimitrov e il greco Nikos Kotzias, alla presenza dei premier Zoran Zaev e Alexis Tsipras. C'erano anche il mediatore dell'Onu, Matthew Nimetz, l'Alto rappresentante Ue Federica Mogherini, il commissario europeo all'allargamento Johannes Hahn e la rappresentante dell'Onu Rosemary Di Carlo.
«Con l'accordo sul nome celebriamo la pace» di cui tanto c'è bisogno nei Balcani, ha detto Tsipras. Improntate alla riconciliazione anche le dichiarazioni di Zaev, che ha sottolineato la necessità di «trarre lezione dalla storia» e «costruire il futuro».
Soddisfazione anche da parte del ministro degli Esteri italiano Enzo Moavero Milanesi, che nel congratularsi con Atene e Skopje ha affermato che l'intesa rappresenta «un passo di importanza storica per il rafforzamento della cooperazione regionale, della stabilità e prosperità dell'area e del percorso di integrazione europea dei Balcani occidentali».