In un solo giorno papa Francesco ha dialogato con i capi di Stato di Paesi che contano oltre 2,3 miliardi di abitanti, quasi un terzo della popolazione della terra. Non tutti in sella, viste le recenti batoste elettorali incassate dal francese Macron, dal tedesco Scholz, fino a all’inglese Sunak e a Biden che si gioca la rielezione. E davanti a ciascuno Francesco ha percorso con le sue parole un atlante delle disuguaglianze lungo due direttrici opposte: la «cultura dell’incontro» come antidoto alla «cultura dello scarto».I colloqui si sono prolungati ben oltre il programma, con il pontefice che dopo alcuni scambi con il presidente turco Erdogan solo in tarda serata ha concluso i bilaterali con il presidente brasiliano Lula e l’americano Biden, dopo avere affrontato le leadership di quattro continenti. E davanti all’Occidente che affronta «l’eclissi del senso dell’umano», il Papa ha ricordato i nuovi rischi di «ingiustizia fra nazioni avanzate e nazioni in via di sviluppo, fra ceti sociali dominanti e ceti sociali oppressi».Temi tornati nell’incontro con il presidente americano, durato un’ora, cui il Papa ha fra l’altro ribadito le preoccupazioni per le crisi internazionali, dall’Ucraina a Gaza. Non è da escludere che si sia fatto riferimento anche al continente africano, come ribadito nel corso del bilaterale con il presidente keniota Ruto. A Nairobi, infatti, si stano svolgendo i colloqui per il Sud Sudan. Nei giorni scorsi erano state organizzazioni indipendenti come Oxfam a mostrare le contraddizioni che il “Gruppo dei 7” anche questa volta sembra aver rimandato. Il comunicato finale non scioglie alcuni dei nodi più vistosi. I “grandi” stanziano ogni anno 1.200 miliardi in spese militari, quando ne occorrerebbero 31,7 per contribuire ad eliminare la fame che colpisce in misura grave oltre 281 milioni di persone. Per non dire dei 4 miliardi con cui si risolverebbe la crisi del debito che stritola il Sud del mondo. Ed è anche di questo che Francesco avrebbe discusso con Kristalina Georgieva, direttore generale del Fondo monetario internazionale. Il Giubileo del 2025 potrebbe essere l’appuntamento per risollevare i Paesi inseguiti dal debito, come traspare dal commento del direttore dell’Fmi. «La mia più profonda gratitudine va a Sua Santità Papa Francesco per avermi ricevuto. È così bello poter avere testimonianza della sua gentilezza, beneficiare del suo ascolto - ha detto Georgieva - e del suo messaggio di pace, di cooperazione e cura per le persone bisognose». La prima volta di un pontefice al vertice dei “grandi” non ha deluso le attese. Nei faccia a faccia con i leader, fuori dal lessico dei comunicati ufficiali, Francesco ha richiamato alla responsabilità di chi governa. Un clima cordiale che ha permesso di affrontare questioni decisive. L’indiano Modi, al primo viaggio da leader rieletto, premier del Paese più popoloso del mondo, che è anche la più grande democrazia del pianeta, ha salutato il Pontefice con parole di gratitudine: «Ammiro il suo impegno nel servire le persone e nel rendere migliore il nostro pianeta. Lo ho anche invitato a visitare l’India». Una possibilità che in Vaticano tengono in grande considerazione. Anche il francese Macron ha ribadito che «con Papa Francesco al G7 riaffermiamo il nostro impegno comune per un mondo più unito e giusto per le persone e per il pianeta. Lavoriamo tutti insieme per creare le condizioni per una pace duratura», ha aggiunto riferendosi non solo all’Ucraina.Ed era uno degli incontri bilaterali più attesi, quello tra il presidente ucraino e il Pontefice. Nei giorni scorsi il braccio destro di Zelensky, il consigliere Yermak, era stato in Vaticano dove aveva incontrato, oltre a Papa Francesco anche il Segretario di Stato, il cardinale Pietro Parolin, e l’inviato del Papa per l’Ucraina, il cardinale presidente della Cei, Matteo Zuppi. Fonti della presidenza ucraina hanno riferito che «il presidente ha ringraziato Sua Santità per le sue preghiere per la pace in Ucraina, per la vicinanza spirituale al nostro popolo e per gli aiuti umanitari agli ucraini». Nel corso del colloquio Zelensky «ha informato dettagliatamente il Pontefice sulle conseguenze dell’aggressione russa all’Ucraina, sul terrore dai bombardamenti aerei russi e sulla difficile situazione del settore energetico». Il pontefice, riferiscono fonti ucraine, ha ascoltato ribadendo l’importanza del lavoro della “diplomazia umanitaria” messa in campo attraverso la missione vaticana a Kiev. «Le parti hanno discusso anche della Formula della Pace, del ruolo della Santa Sede nell’instaurare una pace giusta e duratura per l’Ucraina e delle aspettative del Vertice Globale della Pace», spiega l’entourage del leader ucraino.In passato non sono mancate incomprensioni e tensioni nelle relazioni bilaterali, tuttavia proprio la leadership ucraina riconosce che mai è mancato il sostegno, anche materiale e diplomatico, della Santa Sede che più volte ha mediato per lo scambio dei prigionieri e che ha in corso la più difficile delle operazioni diplomatiche nel pieno del conflitto: la mediazione per il ritorno dei bambini ucraini. Nei giorni scorsi la leadership di Kiev aveva ringraziato la Santa Sede per l’impegno profuso, i cui esiti sono spesso tenuti riservati per non compromettere le azioni in corso. E ieri Zelensky «ha preso atto degli sforzi del Vaticano volti a portare la pace, in particolare la restituzione dei bambini ucraini rapiti dalla Russia».Chi invece si è presentato davanti al Papa per una richiesta irrituale, dato il contesto del vertice, è stato il canadese Trudeau, che per un verso dice di avere avuto «l’onore di incontrare Sua Santità» e di averlo ringraziato per la sua missione, e per l’altro ha insistito chiedendo «la restituzione dei beni culturali degli indigeni che si trovano in Vaticano».© riproduzione riservata