Perù. Difendeva l'Amazzonia dalle miniere: ucciso il figlio di uno storico attivista
Roberto Pacheco è stato ucciso con due colpi di pistola
A trovare il corpo, lacerato da due pallottole, è stato lo stesso padre, sabato mattina. Del resto, quella morte era un messaggio rivolto a lui, Demetrio Pacheco, vicepresidente del comitato di gestione della riserva amazzonica della Tambopata e storico difensore della foresta minacciata dai cacciatori d’oro e legname illegali. Un modo per togliergli ancor più della vita: strappargli il figlio, Roberto, anche lui impegnato nella difesa dell’ambiente. Entrambi erano stati più volte minacciati. Ma non avevano abbandonato la lotta. E, Demetrio Pacheco, ha giurato di andare avanti per la sopravvivenza di Madre de Dios, regione con la più alta biodiversità del Perù, sfregiata dalle miniere clandestine. Proprio là, nella sua capitale, Puerto Maldonado, il 19 gennaio 2018, papa Francesco aveva aperto il Sinodo speciale per la Panamazzonia. Il vescovo David Martínez de Aguirre ha denunciato la strage di attivisti ambientali. E chiesto giustizia per l’assassinio di Roberto Pacheco. «Il nostro fratello Roberto Carlos Pacheco Villanueva e la sua famiglia da anni ricevevano minacce, e come risposte alle loro denunce, hanno avuto indolenza e indifferenza. Sappiamo di molti fratelli che sono minacciati perché difendono la foresta e i fiumi, così come di campesinos e indigeni minacciati perché difendono i loro territori. Esigiamo che lo Stato fornisca loro le opportune garanzie perché possano vivere con tranquillità, insieme alle loro famiglie», si legge nel comunicato diffuso dal vicariato di Puerto Maldonado. La Chiesa, al contempo, ha rivolto un appello alla cittadinanza a vigilare sui difensori della casa comune e dei popoli indigeni.