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STRAGE A KAMPALA. Gli shabaab somali portano il terrore in Uganda

Paolo M. Alfieri martedì 13 luglio 2010
Lo minacciavano da tempo, gli shabaab somali. Un’azione spettacolare fuori dai propri confini. Meglio se contro quei (pochi) Paesi impegnati a sostenere il fragile governo somalo. Così, quando domenica sera due attentati hanno sconvolto la capitale ugandese Kampala, i sospetti si sono subito indirizzati verso la milizia di estremisti islamici che tiene ormai sotto scacco vaste zone del Corno d’Africa. Sospetti confermati, ieri, dalla rivendicazione del gruppo terroristico legato ad al-Qaeda. Un drammatico salto di qualità, quello operato dagli shabaab, costato la vita a 78 persone, tra le quali un americano.Ad agire contro un Paese «colpevole» di fornire il contingente di militari più alto all’Unione Africana per la missione in Somalia sarebbero stati alcuni kamikaze, entrati in azione mentre era in corso la finale dei Mondiali di calcio in Sudafrica. La prima esplosione ha investito un ristorante etiopico nel sobborgo di Kabalagala, la seconda ha sventrato invece un club di rugby, i cui avventori stavano appunto seguendo in tv la finale dei Mondiali. Qui una decina di vittime sarebbe di nazionalità etiope ed eritrea. In uno dei due luoghi attaccati è stata trovata una testa mozzata che secondo fonti ufficiali apparterrebbe a un somalo, particolare macabro che ha subito fatto pensare all’ipotesi kamikaze.Le circostanze della strage sono ancora poco chiare, ma il capo della polizia nazionale Kale Kayihura ha dichiarato che «si tratta di attacchi terroristici. Abbiamo dichiarazioni dai militanti della milizia shabaab e di al-Qaeda. Sapete in che regione ci troviamo e quale sia il nostro coinvolgimento in Somalia». «Ci siamo noi dietro questo attacco, perchè siamo in guerra con loro (gli ugandesi, ndr) – ha confermato un portavoce degli shabaab, Ali Mohamud Rage, spiegando che il gruppo aveva «già messo in guardia gli ugandesi dall’astenersi da tutte le azioni in Somalia». Al Shabaab, ha proseguito il portavoce, «andrà avanti con gli attacchi se gli ugandesi continueranno a uccidere la nostra gente». Pronta, però, la replica del governo ugandese, all’apparenza per nulla intimidito e disposto a mantenere le sue truppe in Somalia. «Sono dei codardi, ma in Uganda non siamo codardi e in nostri militari non andranno via da Mogadiscio», ha detto il viceministro degli Esteri Okello Oryem. A condannare gli attacchi anche l’uomo forte di Kampala, Yoweri Museveni, al potere da 24 anni. Visitando il Kyadondo Rugby Club, teatro di una delle esplosioni, il presidente ugandese ha parlato di atti «vigliacchi e irresponsabili» compiuti dai terroristi. «Se vogliono combattere – ha detto – colpiscano dei soldati. Perché se la sono presa con gente innocente che guardava la partita? Questo dimostra che sono dei criminali».Museveni ha raccolto la solidarietà di molti governi stranieri per i più sanguinosi attentati in Africa sub-sahariana da quelli alle ambasciate americane in Kenya e Tanzania nel 1998. Tra gli altri, il presidente Usa Barack Obama ha condannato i «vili e deplorevoli» attacchi: «Gli Stati Uniti – si legge in una nota della Casa Bianca – sono pronti a fornire al governo ugandese tutta l’assistenza di cui ha bisogno».L’Etiopia, che intervenne militarmente in Somalia alla fine del 2006 contro le Corti islamiche, ha accusato senza mezzi termini gli shabaab. Nei giorni scorsi gli estremisti islamici avevano condannato un summit regionale dell’Igad tenutosi ad Addis Abeba sulla situazione somala. A conclusione del vertice è stato deciso l’invio di altri 2mila soldati provenienti da Sudan, Gibuti, Uganda ed Etiopia, che andranno a unirsi agli oltre 5mila ugandesi e burundesi della missione Amisom.Il presidente somalo Sheikh Sharif Ahmed ha definito gli attentati di Kampala «diabolici». La sopravvivenza del leader somalo è a rischio: a Mogadiscio, ormai, interi quartieri sono nelle mani dei miliziani. Approfittando della mancanza di controllo del territorio, soprattutto nelle regioni autonome del Somaliland e Puntland, dallo scorso anno in Somalia sono arrivati in massa combattenti jihadisti da ogni parte del mondo, al punto che per Washington la Somalia può diventare la vera nuova base di al-Qaeda. Uno scenario preoccupante, considerando peraltro che da tempo gli americani operano nella zona con blitz sul terreno e raid aerei alla caccia degli estremisti più pericolosi. Un impegno che però, ad oggi, sembra non aver dato i risultati sperati.