Mondo

Intervista. Il vescovo nizzardo Marceau: no all'odio

Angela Calvini venerdì 15 luglio 2016
A mezzogiorno in punto le campane di tutte le chiese di Nizza hanno suonato a morto. Un rintocco lento, lungo e corale che ha affidato al vento di mare il muto dolore di una città e una unanime preghiera. A volerlo è stato monsignor André Marceau, vescovo di Nizza, che dopo una notte e una giornata campale riflette con Avvenire sui fatti dell’altra notte.
Come è stato il risveglio di Nizza dopo una notte da incubo?Questo tragico avvenimento ha provocato a tutti uno choc molto forte. Abbiamo vissuto in una giornata sola un contrasto enorme, la festa nazionale e la parata del mattino, cui ho partecipato anche io, con la gioia delle persone e delle famiglie che si ritrovavano insieme, e poche ore dopo la morte, la violenza, la desolazione. Ha delle testimonianze dirette? Si, ho incontrato molte persone che erano sul posto. Hanno detto che tutti gridavano, la gente non sapeva che cosa stesse succedendo e si è fatta prendere dal panico. Lo choc di vedere quei corpi martoriati sulla Promenade des Anglais è stato grande. I francesi come vivono dopo gli attentati di Parigi? Anche se si sapeva che qualcosa poteva succedere, la gente viveva in modo normale. Ora questo fatto è stato un imprevisto che ha rinchiuso di nuovo la gente nella paura e nel sospetto, rinfocolando sentimenti di odio e vendetta. Dobbiamo capirlo, ma anche cercare di combattere l’odio. Nizza ha un doppio volto, perla turistica della Costa Azzurra ma anche affollate e difficili banlieue... C’è una facciata vivace e attraente, ma non bisogna fermarsi al cliché. Esistono quartieri difficili, dove abitano persone svantaggiate che patiscono la vita che vivono e sono più facilmente esposte agli inviti alla vendetta e a compiere atti irreparabili. Che cosa ha mosso l’uomo che ha compiuto la strage? Le motivazioni non sono ancora chiare. Comunque sia, questa persona, che poteva essere anche in difficoltà, non pare fosse stato mai "contagiato" dall’islam radicale. Il resto lo scopriranno le indagini. Come si è attivata la sua diocesi? Già dalla notte della tragedia la municipalità ha costituito cellule di sostegno psicologico ai sopravvissuti, di cui hanno fatto parte cinque nostri preti. La cattedrale di Santa Reparata, nella città vecchia, per tutta la giornata di ieri ha proposto momenti di preghiera culminati nella Messa che ho celebrato in serata, aperta a cristiani e non. Un momento di raccoglimento per i morti, i feriti, le loro famiglie, per tutti. Per lanciare un messaggio di speranza: non si è soli nella vita, i cristiani si devono stringere attorno a Cristo per essere parola di Cristo. Quali iniziative metterà in atto la diocesi nizzarda? Abbiamo chiesto alle parrocchie, dove ci sono famiglie toccate dal dramma, di invitare la comunità cristiana a dare aiuto ai fratelli nel dolore, a sostenerli e a vivere questa tragedia nel messaggio della Resurrezione. Domenica, naturalmente, le intenzioni di tutte le Messe cittadine saranno in questo senso.   Ci saranno funerali pubblici? Ancora non sappiamo. Al momento non abbiamo ancora il numero esatto dei morti. Inoltre, molti di loro sono stranieri o non di Nizza, quindi verranno sepolti nei loro luoghi di origine. Però con la municipalità abbiamo deciso di organizzare per mercoledì o giovedì prossimo una grande manifestazione popolare, con i rappresentanti di tutte le religioni per mostrare la forza della comunità. Come sono i rapporti tra cristiani e i musulmani a Nizza? La Diocesi ha instaurato da molti decenni ottime relazioni con le altre religioni. Cristiani, islamici ed ebrei hanno un luogo di incontro comune all’interno della municipalità. Abbiamo un consiglio permanente che ci permette di interagire insieme di fronte a situazioni drammatiche, organizzando manifestazioni comuni, pur nelle nostre differenze. Per mostrare il volto di Dio, che è Misericordia e non odio, come ci ricorda papa Francesco.