Alla Corte Suprema. Cristiani in preghiera in Pakistan per l'udienza su Asia Bibi
Asia Bibi è in carcere in Pakistan da 3.395 giorni con l'accusa di blasfemia
Asia Bibi è a un passo dalla fine del suo calvario? La prima donna cattolica a essere condannata a morte in Pakistan secondo gli articoli del Codice penale noti nel macabro complesso come “legge antiblasfemia”, potrebbe infatti presto conoscere la sua sorte finale. La Corte Suprema di Islamabad ha infatti comunicato che lunedì 8 ottobre si terrà l’udienza in cui sarà presentata la petizione degli avvocati contro l’intero iter giudiziario che l’ha portata a un passo dell’impiccagione. Incerti, perché totalmente dipendenti dai risultati dell’udienza, i tempi successivi per una decisione pro o contro la sua esecuzione decretata nel 2010. La sentenza potrebbe arrivare anche dopo poche ore, ma comunque è attesa entro il mese.
I cristiani in Pakistan attendono in preghiera la conclusione dell'udienza di lunedì. "È positivo sapere che, dopo tanta attesa,
il caso di Asia Bibi potrà avere udienza. Molte persone stanno pregando per la sua liberazione in Pakistan e in tutto il mondo", riferisce all'Agenzia Fides p. James Channan, domenicano che a Lahore gestisce il "Peace Center", impegnato per il dialogo islamo-cristiano.
"È nostra ferma speranza che, grazie alla incessante preghiera - afferma - possa essere rilasciata. Sono sicuro che il collegio dei giudici della Corte Suprema esaminerà il caso senza pregiudizi e che giustizia sarà fatta, senza farsi influenzare da pressioni esterne".
E conclude: "Oggi ricordiamo nella preghiera anche coloro che sono stati uccisi a causa del sostegno dato ad Asia Bibi: l'ex governatore della provincia del Punjab, il musulmano Salman Taseer, e il leader cattolico Shahbaz Bhatti, ministro federale per gli Affari delle minoranze. Speriamo che il loro sacrificio non sia stato vano".
Dopo i precedenti rinvii, l’appello finale di Asia Bibi sarà condotto da una corte speciale di tre giudici: Mian Saqib Nisar, Asif Saeed Khosa e Mazhar Alam Khan Miankhel. Se il giudizio fosse di conferma della condanna, l’ultima possibilità sarebbe di appellarsi alla clemenza del presidente pachistano Iraf Alvi, in carica solo dal 9 settembre. «Non si tratta più di una questione solo pachistana, dato che tutto il mondo guarda alla Corte Suprema. A essa toccherà fare giustizia per garantire la propria reputazione», sottolinea Nasir Saeed, a capo del Centre for Legal Aid, Assistance and Settlement (Claas), organizzazione che dal Regno Unito sostiene legalmente i cristiani accusati di blasfemia.
Ostenta ottimismo, Sardar Mushtaq Gill, avvocato e attivista per i diritti umani. Asia Bibi «sarà assolta e rilasciata perché nessuno dovrebbe essere condannato a morte per una disputa insignificante sulle differenze di fede e per un bicchier d’acqua». Per Gill, «le circostanze del momento sono in suo favore, dato che la reputazione e l’impegno del giudice supremo Saqib Nisar, a capo della Corte, sono apprezzati dalla maggioranza dei pachistani, e che il governo in carica (guidato dal musulmano Imran Khan, integralista ma contrario alle discriminazioni di fede o etnicità) gode del sostegno dell’esercito ed è quindi meno influenzabile dagli estremisti».
Asia Bibi, moglie e madre di cinque figli, in carcere da 3.397 giorni, si trova in isolamento dalla condanna in prima istanza l’11 novembre 2010, a oltre un anno dall’arresto. Una misura restrittiva che ne salvaguarda anche l’incolumità davanti a possibili aggressioni e alle taglie (fino a 500mila rupie pachistane), poste su di essa dagli estremisti islamici.
«Sicuramente, movimenti come Tehreek-e-Labaik Ya Rasool Allah possono reagire a un eventuale liberazione e creare condizioni di pericolo per Asia Bibi, la sua famiglia e altre vittime della legge antiblasfemia – ricorda Mushtaq Gill –. Anche il gruppo legato alla Moschea rossa di Lahore, da cui è uscita parte della leadership taleban può creare problemi a lei e a altri. Ricordo che lo scorso anno hanno minacciato ritorsioni contro gli ambasciatori di tutti i Paesi occidentali se facilitassero l’espatrio di Asia Bibi».
«Finora non sono a conoscenza di una reazione dei gruppi estremisti alla notizia della prossima udienza, forse a causa della situazione attuale. Tuttavia – conferma l’attivista Nasir Saeed – sono sicuro che se il caso dovesse risolversi a favore di Asia Bibi, ci si può attendere una risposta, anche se è difficile prevedere quanto severa. Lecita la domanda se gli islamisti possano avere un’influenza sulla decisione della Corte Suprema, ma io non lo credo possibile per l’alta statura morale del presidente della Corte».
Resta però elevato il rischio di ritorsioni successive a una liberazione. Sono in molti a concordare che se da un lato è forte la speranza che venga rilasciata, dall’altro chiunque la circonda, come lei stessa, correranno elevati pericoli di ritorsione da parte dei fondamentalisti.
La necessità di espatrio è sottolineata anche dal marito Ashiq Masih che, in visita nei giorni scorsi nel Regno Unito con il sostegno di Aiuto alla Chiesa che soffre, ha dichiarato in un’intervista che Asia Bibi, da lui incontrata a inizio mese nella prigione di Multan, è ancora in buona salute, contrariamente alle voci di sintomi di demenza. La donna «sta passando il suo tempo pregando con una fortissima fede e legge quotidianamente la Bibbia», ha aggiunto Masih, ricordando che il primo ottobre la moglie ha ricevuto la Comunione in cella.