Roma, 24 febbraio 2018. La visita alla redazione romana di Avvenire accolti dal direttore Marco Tarquinio di Ashiq Masih e Eisham Ashiq, marito e figlia minore di Asia Bibi (Foto Siciliani)
Era un martedì pomeriggio, quel 9 novembre 2010, quando la notizia della condanna di Asia Bibi arrivò in redazione. Appena poche righe d’agenzia per comunicare il duro verdetto del tribunale di Nankama, emesso due giorni prima, contro la contadina di Ittanwali, giudicata colpevole di blasfemia. Fin da quel momento,
Avvenire si è schierato al fianco di quella donna coraggiosa, allora sconosciuta, disposta ad andare al patibolo pur di non rinnegare la propria fede. Impossibile contare gli articoli con cui il quotidiano ha raccontato nel dettaglio la vicenda in questi otto, lunghi anni. Fin da subito, il 14 novembre 2010, la foto della donna e la scritta «Salviamo Asia» compare nella pagina dedicata alla lettere. Dall’8 dicembre 2012, inizia il contatore che è terminato oggi, dopo aver registrato il 3.421esimo giorno di carcere per Asia. In quella medesima data,
Avvenire pubblica in prima pagina la lettera-appello della donna in chiede di scrivere al presidente pachistano per farla tornare dai suoi familiari. Nei mesi seguenti, il quotidiano ha raccolto oltre 31mila firme, consegnate, il 6 marzo 2013, all’ambasciatrice di Islamabad a Roma, Tehmina Janjua. Il 24 febbraio scorso, il marito, Ashiq Masih e la figlia Eisham hanno fatto visita alla redazione romana del quotidiano, ospite del direttore Marco Tarquinio.
E finalmente, oggi, la notizia che tutti attendavamo da anni: Asia Bibi è stata assolta dalla falsa accusa, è libera di ricongiungersi alla sua famiglia.