Il conflitto. La Russia va in aiuto dell’Armenia e arrivano gli alleati del Csto
Parenti dei feriti durante gli scontri di questi giorni, in attesa davanti all’ospedale centrale di Erevan, capitale dell'Armenia
Non si placano le tensioni sul confine fra Armenia e Azerbaigian e, visto che il cessate il fuoco è stato di nuovo violato nelle scorso ore, il presidente Vladimir Putin ha esaudito la richiesta di Erevan e inviato un contingente dell’Organizzazione del trattato di sicurezza collettivo (Csto), formato dai Paesi dalle ex Repubbliche sovietiche dell’Asia Centrale, rispettando così l’articolo 4 che prevede «mutua assistenza».
L’oggetto del contendere è sempre la regione del Nagorno Karabakh, a maggioranza armena che si trova in territorio azero. Gli scambi di accuse fra Erevan e Baku, ormai da tre giorni, con la prima che denuncia un tentativo di invasione e la seconda che accusa l’Armenia di provocazione.
Domani Putin vedrà il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan (che ieri ha definito «inaccettabile» la violazione da parte dell’Armenia degli accordi presi con l’Azerbaigian dopo il conflitto del 2020), con il quale cercherà di capire come risolvere diplomaticamente tensioni che potrebbero portare a un nuovo conflitto nel cuore del Caucaso. Una prospettiva che preoccupa anche papa Francesco che, dal Kazakistan ha voluto lanciare un appello «perché prevalga la concordia».
Secondo l’Armenia, fino a questo momento sono oltre 100 gli agenti uccisi dalle truppe di Baku, che, nel frattempo, ha respinto al mittente tutte le accuse, soprattutto quella di avere colpito obiettivi civili. Da martedì sera, comunque, l’intensità degli scontri sembra scemare.
La Turchia resta però pronta a intervenire al fianco dell’Azerbaigian, anche per assicurarsi una presenza militare nella regione, che la Russia le ha sempre impedito di instaurare.
Certo, la situazione non migliora nemmeno se ci si sposta più a est. Sul confine fra Tagikistan e Kazakistan, si sono verificati nuovi scontri, che hanno portato all’uccisione di una guardia di confine. Non c’è bisogno di sparare per fare dormire al presidente Putin sonni poco tranquilli. La Cina di Xi Jinping sta facendo sempre di più sentire il suo peso in Asia Centrale, un progetto particolarmente rischioso per Mosca, che in queste terre è sempre stata un punto di riferimento indiscusso. Xi ha applaudito alle riforme del kazako Tokayev per favorire un allentamento del giogo russo. E, nel caso ci fosse bisogno di una conferma ai messaggi di Pechino, ha anche detto di opporsi con forza a qualsiasi interferenza negli affari interni.
Una situazione poco favorevole per Putin, che oggi prenderà l’aereo per volare a Samarcanda, dove parteciperà al summit della Organizzazione della Cooperazione di Shanghai, dove dovrà convincere i partecipanti, fra cui i leader di Cina e Turchia, del fatto che la Russia è ancora un partner forte, stabile e in grado di gestire tutte le tensioni che caratterizzano l’ex spazio post sovietico. Proprio adesso che sta esplodendo.